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Ora del Mondo 2020-2024

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*Maggio 2020 - L'Ora del Mondo

Presiede Sua Eminenza Cardinale Crescenzio Sepe - Arcivescovo Metropolita di Napoli Presidente della Conferenza Episcopale Campana
*Saluto all’Em.mo Cardinale Crescenzio Sepe
Eminenza Reverendissima, grazie per aver accettato di presiedere la Celebrazione Eucaristica e la recita della Supplica, in questo giorno solennissimo. Vostra Eminenza, in quanto Presidente della Conferenza Episcopale Campana, ci rende presente tutti i fedeli della nostra regione, legatissimi alla Madonna di Pompei. Lei stesso, come tutti ben sappiamo, è molto devoto alla Madre di Dio: è proverbiale il suo saluto, ripreso anche da Papa Francesco, "A’ Maronna v’accumpagna!".
Lo stesso Papa Francesco, che ha un cuore tutto mariano, ha voluto farsi presente alla nostra celebrazione, con questo saluto rivolto l’altro ieri, durante l’udienza del mercoledì: «Dopo domani, venerdì 8 maggio, al Santuario di Pompei si eleverà l’intensa preghiera della "Supplica alla Madonna del Rosario". Esorto tutti ad unirsi spiritualmente a questo popolare atto di fede e di devozione, affinché per intercessione della Vergine Santa, il Signore conceda misericordia e pace alla Chiesa e al mondo intero». Ringraziamo di vero cuore il Papa e Gli assicuriamo preghiere, non solo in questa celebrazione, ma tutti i giorni!  
Per la prima volta, in 137 anni, a causa della pandemia che ha colpito tutto il mondo, ci ritroviamo nel santuario vuoto, senza le migliaia di persone che ogni anno, in questo giorno e nella prima domenica di ottobre, giungono da ogni parte d’Italia e del mondo, molte volte anche percorrendo decine di chilometri a piedi. Saluto in modo speciale tutti e ciascuno, collegati con noi attraverso la televisione, e vi assicuro che, anche da lontano, siete presentissimi, oggi, qui, davanti alla nostra Veneratissima Icona!  La Chiesa, a cominciare dal Papa, è in prima linea in questa emergenza.
Lei stesso, Eminenza, ha portato all’Ospedale Cotugno i ventilatori polmonari donati da Papa Francesco e si è fatto personalmente promotore di svariate iniziative caritatevoli, non ultima la casa per i senza dimora. Anche il Santuario di Pompei, da sempre al servizio dei fratelli più bisognosi, ha proseguito nel proprio impegno di carità, nel rispetto delle norme.  I nostri Centri Diurni, affidati alla Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei e ai Fratelli delle Scuole Cristiane, pur non potendo più ospitare le centinaia di ragazzi e ragazze, mantengono vivi i rapporti con loro, ispirando fiducia e speranza, senza menzionare il dono di beni di prima necessità per un sostentamento anche economico. La Mensa dei Poveri, intitolata a Papa
Francesco e gestita dall’Ordine di Malta, non ha mancato di fornire ai suoi assistiti pacchi viveri e nei prossimi giorni inizierà la consegna del cibo da asporto. La carità non si ferma!
E anche nell’emergenza la vita ci fa doni inaspettati. Come la bimba, di appena tre giorni, che è stata affidata l’8 marzo a una delle nostre case famiglia presenti nel Centro per il Bambino e la Famiglia "Giovanni Paolo II", all’inizio dell’emergenza. L’abbiamo accolta come una carezza della Madonna! Sta bene e cresce con gli altri bambini, come in una vera famiglia.  
In questo lungo periodo di lontananza fisica dal santuario, il legame con gli innumerevoli devoti della Vergine di Pompei, presenti in Italia e nel mondo, non si è mai spezzato, ma è stato nutrito dalla corrispondenza, dalle celebrazioni in streaming e da quelle trasmesse in tv, come stamattina, grazie a Canale 21, che da circa trent’anni è accanto al Santuario di Pompei, e a TV2000, l’emittente dalla Conferenza Episcopale Italiana.  La preghiera, che da sempre nutre il rapporto con Dio, in questi giorni difficili, è diventata conforto ed espressione della nostra speranza, perché l’emergenza si concluda presto e si ponga fine alle sofferenze di chi è stato colpito.  Al termine di questa celebrazione, Lei stesso, Eminenza, ci guiderà nella recita della Supplica, la famosa preghiera, composta dal fondatore di Pompei, il Beato Bartolo Longo, nel 1883. È un testo di grande attualità, soprattutto in questo periodo di emergenza, perché racchiude tutti i dolori e le speranze della famiglia umana. Grazie di cuore, Eminenza, per la sua presenza!

                                             + Tommaso Caputo

                                               Arcivescovo Prelato e Delegato Pontificio
Omelia di S. Em. Cardinale Crescenzio Sepe Arcivescovo Metropolita di Napoli Presidente della Conferenza Episcopale Campana

Cari fratelli e sorelle, saluto e abbraccio tutti Voi che siete collegati con questa Basilica, attraverso le emittenti televisive TV2000 e Canale 21, per partecipare spiritualmente alla Supplica che, annualmente, si svolge nel mese di maggio, in onore della Beata Vergine del Rosario di Pompei.
Lasciatemi esprimere prima di tutto la mia grande emozione e il grazie, per trovarmi qui, oggi, all’Altare della Beata Vergine del Rosario per celebrare l’Eucaristia e guidare, al termine, la preghiera della Supplica, composta dal Beato Bartolo Longo.  Ringrazio il caro Arcivescovo Prelato, Mons. Tommaso Caputo, che ha voluto invitarmi in questa speciale circostanza.
Pompei è la casa di Maria. Questa casa, oggi, per le note ragioni è vuota di folla ma piena, anzi strapiena, invasa in ogni angolo dal calore di una fede forgiata come non mai da una sofferenza imprevedibile e sconosciuta.  Siamo sotto il manto di Maria, nel quale noi oggi deponiamo, tutte insieme, le nostre paure e le nostre speranze.
La casa di Maria è casa di Cristo, perché nella casa di Maria si parla di Cristo. E la parola qui, in questo Santuario, non è altro che preghiera. Così come la fede, che qui, ha per linguaggio le Opere, e per materia prima la carità, che ha portato il beato Bartolo Longo, un laico, a sfidare le epidemie del suo tempo. Con gli occhi e il cuore di Maria, Pompei, grazie allo zelo e all’audacia apostolica del suo fondatore, non ha conosciuto per sé la sventura dell’indifferenza e delle braccia conserte di fronte alle povertà che l’attraversavano.  
Ma oggi dobbiamo affrontare una sfida più amara e difficile. L’epidemia, anzi la pandemia, di cui parliamo non è più una metafora, bensì un nemico reale e spietato che ha colpito tra i più indifesi, seminando lutti in tutto il mondo e falcidiando in particolare la generazione degli anziani, portandosi cosi via un insostituibile patrimonio di esperienza e di memorie. E con gli anziani, una lunga scia di medici e operatori sanitari, uomini e donne di prima linea che, con vero eroismo fino al sacrificio della loro vita, si sono presi cura dei contagiati.
Ma come non ricordare i nostri sacerdoti, testimoni di una chiesa che può assoggettarsi a una distanza tecnica, ma che fa della affettiva vicinanza il principale segno della sua capacità di amare.  In questo tempo di emergenza abbiamo bisogno di ritrovare più a fondo noi stessi. Ci siamo scoperti fragili e abbiamo visto cadere dalle nostre mani le armi fasulle delle nostre illusioni, quelle affilate dal nostro orgoglio e dalla nostra superbia.   
Di fronte a questa nuova e più impegnativa sfida, abbiamo bisogno di armi vere, e soprattutto delle armi giuste, perché se il nemico del momento è invisibile, ciò che ci aspetta è invece una battaglia a viso aperto, senza tatticismi e infingimenti.  Il coronavirus ha condotto e continua a condurre la sua tragica battaglia puntando al bersaglio grosso non solo della vita, ma di uno sconvolgimento sociale che può portare al caos più totale. A noi è chiesto, più che mai, di essere parte di questa sfida epocale.  
La scuola di preghiera e la cattedra del Rosario
E allora ecco che i nostri passi non potevano che dirigersi verso il porto sicuro della casa di Maria, e abitarla da figli, sapendo che tra le sue mura c’è tutto quel che serve. E che tutto è a portata di cuore.  Ci porta ai piedi della Vergine del Rosario anche l’esortazione di Papa Francesco che, in una Lettera indirizzata a tutti i fedeli, ha invitato a riscoprire "la bellezza di
pregare il Rosario, a casa nel mese di Maggio", il mese dedicato a Maria. E’ questo il motivo del nostro essere qui, di questo breve e così intenso pellegrinaggio spirituale alla casa di Maria.  Questa è la casa, ma anche la scuola di preghiera, di cui il Rosario è "cattedra" umile che porta lontano. "Catena dolce che rannoda a Dio", così la preghiera mariana è definita nella Supplica che tra poco reciteremo.  
Ogni preghiera va al di là del tempo, ma il Rosario parla a giorni come questi con la sua voce tenera e accorata che esprime insieme dolore e speranza, angoscia e attese. È la preghiera ordinaria dei tempi difficili, e dunque è parte di questo tempo di emergenza in cui, per una condizione così largamente condivisa, prende forma, l’immagine di una famiglia umana.  È il Rosario stesso a richiamare, con forza, l’immagine della famiglia. Tanto più in questa nostra terra dove il Rosario è stato, e largamente continua ad essere, di casa, proprio come Pompei, faro autentico e riconosciuto della spiritualità della nostra regione.  
Ma siamo qui, oggi, nel luogo e nel posto giusto anche per rinnovare il nostro impegno, e quello di tutta la chiesa campana, per una solidarietà senza riserve e senza risparmio: a piene mani e vorrei dire soprattutto a pieno cuore: perché è questo il tempo in cui la chiesa si sente compromessa.  Questa emergenza ci pone non solo davanti a tempi difficili, ma anche a domande inquietanti, alle quali non è più possibile negare risposte.  Cari fedeli, nel giorno solenne della Supplica di maggio, non possiamo che chiedere alla Vergine del Rosario di illuminarci lungo questo difficile cammino, affidando al suo cuore di Madre le nostre famiglie, i nostri giovani, inostri malati, il nostro lavoro. Dio Vi benedica    e ‘A Maronna V’accumpagna!

                                                                    (Venerdì 8 maggio 2020)

Dalla Redazione
Per la prima volta dopo 137 anni, la Supplica dell’8 maggio senza "concorso di popolo".

L’affidamento alla Madonna
Alla scuola del Rosario una carità senza riserve la sfida di Pompei e della Chiesa campana nel tempo difficile della pandemia
L’8 maggio non si era davvero mai vista una Pompei così, senza la folla consueta che accorreva, con ogni mezzo, tante volte a piedi dopo aver percorso migliaia di chilometri, fino al Santuario della Beata Vergine del Santo Rosario. La pandemia, provocata da un virus arrivato come una prova improvvisa e misteriosa, ha costretto all’assunzione di misure sanitarie finalizzate a contrastare il diffondersi di una malattia subdola. Ma, anche in un contesto storico così difficile, Pompei resta città della speranza.
Le porte del Tempio, cui guardano i fedeli di tutto il mondo, restano chiuse, le navate sono vuote come non era mai accaduto da 137 anni, ma la celebrazione "senza concorso di popolo", presieduta dal Cardinale Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli e Presidente della Conferenza Episcopale Campana, e concelebrata dall’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, è seguita da milioni di persone attraverso la trasmissione di Tv2000, l’emittente televisiva della Cei, e di Canale 21, che da decenni manda in onda la diretta del rito della Supplica (a cui si è collegata anche Maria Vision, un’emittente televisiva messicana). A migliaia poi scelgono di seguire la celebrazione della Messa e la recita della preghiera attraverso la pagina Facebook ufficiale del Santuario, che ha superato le 7 mila visualizzazioni, e dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei.
Tanti altri ancora ascoltano le frequenze di inBluradio e di Radio Mater. Non si può essere fisicamente presenti, ma le mura del Santuario quasi si allargano e si estendono fino ad abbracciare le case dei devoti di tutta l’Italia, dell’Europa, del mondo. Tutti presenti a Pompei in unione spirituale, accogliendo l’invito che Papa Francesco ha rivolto nell’udienza generale del 6 maggio scorso «Esorto tutti – ha detto il Santo Padre riferendosi proprio alla Supplica – ad unirsi spiritualmente a questo popolare atto di fede e di devozione, affinché per intercessione della Vergine Santa, il Signore conceda misericordia e pace alla Chiesa e al mondo intero».  La speranza di cui Pompei è simbolo trova la sua forza nella Madonna del Rosario. «Pompei – ha detto il Cardinale Sepe – è la casa di Maria. Questa casa, oggi, per le note ragioni, è vuota di folla ma piena, anzi strapiena, invasa in ogni angolo dal calore di una fede forgiata come non mai da una sofferenza imprevedibile e sconosciuta. Siamo sotto il manto di Maria, nel quale noi oggi deponiamo, tutte insieme, le nostre paure e le nostre speranze. La casa di Maria è casa di Cristo, perché nella casa di Maria si parla di Cristo. E la parola qui, in questo Santuario, non è altro che preghiera. Così come la fede, che qui, ha per linguaggio le Opere, e per materia prima la carità, che ha portato il beato Bartolo Longo, un laico, a sfidare le epidemie del suo tempo».   Certo viviamo un momento difficile della storia dell’umanità, in cui vengono meno «le armi fasulle delle nostre illusioni, quelle affilate dal nostro orgoglio e dalla nostra superbia» e in cui è essenziale dotarsi di «armi vere, e soprattutto delle armi giuste». «Dobbiamo – ha detto il Presidente dei vescovi campani – affrontare una sfida più amara e difficile.
L’epidemia, anzi la pandemia, di cui parliamo, non è più una metafora, bensì un nemico reale e spietato che ha colpito i più indifesi, seminando lutti in tutto il mondo e falcidiando in particolare la generazione degli anziani, portandosi cosi via un insostituibile patrimonio di esperienza e di memorie. E con gli anziani, una lunga scia di medici e operatori sanitari, uomini e donne di prima linea che, con vero eroismo fino al sacrificio della loro vita, si sono presi cura dei
contagiati. Ma come non ricordare i nostri sacerdoti, testimoni di una chiesa che può assoggettarsi a una distanza tecnica, ma che fa della effettiva vicinanza il principale segno della sua capacità di amare».   
Il Santuario di Pompei, casa della Madonna, è definito dal Cardinale «scuola di preghiera e cattedra del Rosario» ed è proprio da questo radicamento nella fede e nel dialogo continuo con Dio, attraverso Maria, che nasce l’esigenza di amare l’altro in modo concreto, soprattutto soccorrendo i più deboli. È l’impegno del Santuario, ma anche di tutte le diocesi campane. «Siamo qui, oggi – ha detto ancora il Cardinale Sepe – nel luogo e nel posto giusto anche per rinnovare il nostro impegno, e quello di tutta la chiesa campana, per una solidarietà senza riserve e senza risparmio. A piene mani e vorrei dire soprattutto a pieno cuore perché è questo il tempo in cui la chiesa si sente compromessa.  Questa emergenza ci pone non solo davanti a tempi difficili, ma anche a domande inquietanti, alle quali non è più possibile negare risposte».   E sul tema della solidarietà e del ruolo, anche sociale, del Santuario e della Chiesa, si è soffermato anche Monsignor Tommaso Caputo, Prelato di Pompei. «Anche il Santuario di Pompei – ha spiegato – da sempre al servizio dei fratelli più bisognosi, ha proseguito nel proprio impegno di carità, nel rispetto delle norme.
I nostri Centri Diurni, affidati alle Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei e ai Fratelli delle Scuole Cristiane, pur non potendo più ospitare le centinaia di ragazzi e ragazze, mantengono vivi i rapporti con loro, ispirando fiducia e speranza, senza menzionare il dono di beni di prima necessità per un sostentamento anche economico. La Mensa dei Poveri, intitolata a Papa Francesco e gestita dall’Ordine di Malta, non ha mancato di fornire ai suoi assistiti pacchi viveri e nei prossimi giorni inizierà la consegna del cibo da asporto. E anche nell’emergenza la vita ci fa doni inaspettati. Come la bimba, di appena tre giorni, che è stata affidata l’8 marzo a una delle nostre cinque case famiglia presenti nel Centro per il Bambino e la Famiglia "Giovanni Paolo II", all’inizio dell’emergenza. L’abbiamo accolta come una carezza della Madonna! Sta bene e cresce con gli altri bambini, come in una vera famiglia». E così proseguono le attività di "Casa Emanuel", della "Comunità Incontro", centro per il recupero dei tossicodipendenti, e del Centro di Aiuto alla vita.
Ed è grande l’impegno del Consultorio familiare diocesano e della Confraternita di misericordia. «La carità non si ferma!», ha concluso.

La preghiera con il cuore dei figli

L’intervista di Tiziana Campisi di Vatican News all’Arcivescovo di Pompei, Mons. Tommaso Caputo, che spiega il valore della Supplica, vissuta nel tempo della prova.
Quest’anno alla Madonna di Pompei si è affidata l’intera umanità provata dalla pandemia di Covid-19. Con quale atteggiamento porsi in preghiera?
È bello pregare con il cuore dei figli che si rivolgono alla loro mamma. Siamo davvero bisognosi di tutto e tutto dobbiamo chiedere al Signore, sapendo di avere un’avvocata in Cielo. Ricordiamo sempre l’episodio delle Nozze di Cana, il primo miracolo di Gesù. Maria, riferendosi agli sposi, dice a suo Figlio: Non hanno vino. E Gesù le risponde: Donna, che vuoi da me? Non e ancora giunta la mia ora. Pero poi fa quanto sua Madre gli ha chiesto. Pensiamo quanto grande sia Maria, quanto potente sia la sua intercessione. E a lei che dobbiamo chiedere, chiedere, chiedere. Con la Supplica noi facciamo proprio questo. E lo facciamo tutti insieme. La Supplica, nata dall’ispirazione del Beato Bartolo Longo, che la scrisse nel 1883, e una preghiera corale. Nel "Padre nostro" ci rivolgiamo a Dio non come singoli, ma con gli altri, cosi facciamo nella Supplica. Volgi, o Maria, il tuo sguardo pietoso su di noi. diciamo tra l’altro. Su noi tutti, non solo su noi stessi. L’atteggiamento con cui porsi in preghiera e quello dei fratelli.
Il Papa non manca mai di esortare alla recita del Rosario, alle devozioni mariane e continuamente invita a chiedere l’intercessione di Maria. Come leggere questi richiami?
Francesco e Papa dal cuore tutto mariano. E innamorato della Madonna e lo si vede da ogni suo gesto. Il Santo Padre ci ricorda che il Rosario e la preghiera degli umili e dei santi. Col Rosario preghiamo la Madre, che ci accompagna al Figlio, il nostro Salvatore che, nel Rosario, contempliamo con i suoi occhi. E la catena dolce che ci rannoda a Dio e ci fa fratelli, come diciamo proprio nella Supplica. Insieme, col Rosario, sentiamo la presenza di Dio, qui e ora, in questo momento della storia che sembra sovrastarci e inchiodarci ai nostri limiti. Il Rosario e la preghiera che, più di tutte le altre, porta impressa la memoria dei tempi difficili della storia. Negli ultimi mesi, sulla pagina Facebook del Santuario, è stata lanciata la proposta della "Staffetta del Rosario". Un’idea semplice: recitare il Rosario a turno, dalle 7 alle 22. Ognuno poteva e può scegliere l’orario in cui pregare cosi da formare una lunga catena di preghiera di ben quindici ore. Non riusciamo più a contare le persone che hanno aderito con gioia, molti anche da tanti paesi stranieri. Se alla Madonna dobbiamo rivolgerci sempre, dobbiamo farlo ancora di più oggi, in questo tempo così difficile per tutta l’umanità.
La Supplica alla Vergine del Rosario rispecchia proprio la realtà che stiamo vivendo. Nelle parole di Bartolo Longo ci sono in effetti quegli affanni e travagli che ci stanno amareggiando, i pericoli nell’anima e nel corpo cui siamo esposti, le calamità e le afflizioni che temiamo; davvero questa preghiera continua ad essere attuale.
Ne "Le confessioni", Sant’Agostino prega con parole meravigliose, ispirate, piene di verità: Ci hai fatti per Te e inquieto e il nostro cuore finché non riposa in Te. L’umanità avrà sempre bisogno di Dio. Questa vita ha i suoi affanni e travagli. Non c’è, nella storia dell’umanità o anche nelle vicende personali dei singoli, un momento in cui si sia davvero liberi da ogni preoccupazione. Credere, pregare con la Supplica alla Vergine del Rosario di Pompei, avere fede, non sono talismani che ci proteggono da tutto, da un virus o da un evento che sconvolge la nostra esistenza. Credere in Dio, pero, sostiene la nostra vita. La Supplica e intrisa di fede, ne e imbevuta. Non eviteremo amarezze e difficoltà, ma non avremo paura quando, nel cuore, abbiamo la certezza che il Padre e con noi, ci cammina accanto. E Maria e presente con Lui. Nel Salmo 22 preghiamo cosi: Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.

La Chiesa di Pompei come sta affrontando questo particolare momento difficile?

Il Santuario di Pompei e edificato su pietre saldissime: la fede e la carità. Da un lato, anche nei giorni del lockdown, con i mezzi di comunicazione sociale, abbiamo "allargato" le porte della Basilica perchè chiunque, anche da casa propria, potesse partecipare alle celebrazioni e alle preghiere, pur non potendo essere fisicamente presente a Pompei. Dall’altro abbiamo continuato a portare avanti le Opere di carità, ancora di più in questi mesi quando l’emergenza sanitaria e diventata anche crisi economica. Le preghiere, innanzitutto il Rosario e la Novena d’impetrazione di Bartolo Longo, cosi come le celebrazioni Eucaristiche sono state proposte in streaming sulla pagina Facebook del Santuario e sono riprese dai media regionali e nazionali. In citta, inoltre, le parrocchie hanno continuato e continuano a rimanere vicine alle famiglie proponendo iniziative di gruppi ecclesiali, l’impegno nella formazione catechetica e nel garantire a tutti la vicinanza. E si prega, si prega tanto.
Le opere di carità del Santuario di Pompei non si sono fermate, pur se le avete riorganizzate nel rispetto delle misure restrittive disposte dal governo per evitare la diffusione del coronavirus. Come le avete adattate?
Le Opere di Carità del Santuario di Pompei non si sono mai fermate. La carità del Santuario mariano ha accresciuto anzi il suo impegno. Una carità e una solidarietà che, pur nel rispetto delle restrizioni emanate dal Governo, hanno raggiunto chi e nel bisogno con tutele ed aiuti dal punto di vista affettivo, economico, sociale. Ognuna delle sedici Opere sociali del Santuario mariano ha cosi pensato ulteriori modi, oltre a quelli ordinari, per continuare ad essere vicina a chi e nel bisogno. I Centri educativi "Beata Vergine del Rosario", affidato alle Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei, e "Bartolo Longo", gestito dai Fratelli delle Scuole Cristiane, continuano ad essere punto di riferimento per i bambini e i ragazzi accolti e per le loro famiglie, ora più che mai in difficolta, e ciò viene fatto non soltanto con la distribuzione alle famiglie dei nostri ragazzi di beni di prima necessita. Ciò che riempie di gioia e anche il forte legame che i nostri ragazzi hanno con i religiosi, le religiose e gli educatori che quotidianamente si occupano di loro. Non passa giorno in cui non si sentano con telefonate, messaggi e videochiamate. Molti hanno anche inviato lettere e foto raccontando come stanno trascorrendo questo tempo di quarantena: sono legami che vanno oltre le distanze, le lontananze forzate. Noi tutti sentiamo il dovere di essere vicini a questi ragazzi e alle loro famiglie che l’emergenza sanitaria sta mettendo in seria difficoltà, acuendo situazioni sociali già estremamente difficili. Al di là del cibo e altri beni necessari, non viene trascurato il nutrimento affettivo e relazionale, di cui tutti abbiamo bisogno. Anche la Mensa dei Poveri "Papa Francesco", gestita dall’Ordine di Malta, ha continuato regolarmente ad offrire viveri agli ospiti presso un supermercato convenzionato. E non si sono fermate neanche le nostre sei case famiglia. La casa Emanuel, all’interno dell’area del Santuario accoglie mamme in difficoltà e i loro bambini. Le cinque case famiglia del Centro per il Bambino e la Famiglia "Giovanni Paolo II" continuano ad operare regolarmente; sono presenti neonati, bambini, disabili, mamme con i loro figli, anziani. Anche nella fattoria della "Comunità Incontro", dedicata al recupero degli ex tossicodipendenti, proseguono le attività ordinarie. Il Santuario della carità – come il Beato Bartolo Longo definiva le Opere sociali di Pompei – continua, dunque, in questo difficile periodo a donare con generosità ascolto e amore ai bisogni dell’altro, secondo l’esempio del proprio fondatore e gli insegnamenti del Vangelo.

C’è una storia particolare che l’ha particolarmente colpita?

Si, ed e sicuramente quella di Maria (il nome e di fantasia, ndr). Maria e una bimba di pochi giorni che, dopo essere stata abbandonata dalla mamma, e stata affidata alla Casa "Oasi Vergine del Sorriso", guidata dai coniugi Roberta e Alfredo, della Fraternità di Emmaus. L’8 marzo, in piena emergenza sanitaria, Maria e giunta nella casa della Madonna di Pompei. E stata la Procura ad affidarla, con un’autorizzazione speciale, in quanto, in Casa famiglia, era già stato superato il numero di bambini massimo da poter avere in affido. L’eccezione nasce dal fatto che Maria e la sorellina di un bambino accolto nella stessa casa. Insomma un’emergenza nell’emergenza, che ci ha donato grande speranza: una carezza della Madonna.

*"Ottobre 2020" L'Ora del Mondo

Presiede dal Cardinale Fernando Filoni, Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme
Volgi, o Maria, il tuo sguardo si di noi
Milioni di voci, unite in ogni parte del mondo, chiedono alla Madonna d’intercedere per la fine della pandemia e la pace. Mai come quest’anno, nella tempesta della pandemia, la Supplica, guidata dal Cardinale Fernando Filoni, è accorata e partecipe.
Papa Francesco, che il 3 ottobre ha firmato ad Assisi la sua terza enciclica, intitolata "Fratelli tutti", si unisce spiritualmente ai fedeli che, nel rispetto rigoroso delle norme sanitarie, sono in Piazza Bartolo Longo per il tradizionale appuntamento della prima domenica d’ottobre
«Ci rivolgiamo ora a Maria Santissima spiritualmente uniti ai fedeli radunati nel Santuario di Pompei per la Supplica, e nel mese di ottobre rinnoviamo l’impegno di pregare il Santo Rosario».

                                                              Papa Francesco

                                                      Angelus - Domenica 4 ottobre

Ha bisogno di speranza il mondo impaurito che si è ritrovato nel pieno di una tempesta, una pandemia che non ha risparmiato alcun popolo, un’emergenza sanitaria presto diventata una crisi anche di carattere economico. È per questo che, per certi versi, la Supplica della prima domenica di ottobre è ancora più vibrante, sentita, coinvolta.
La preghiera d’invocazione, composta dal Beato Bartolo Longo nel 1883, ha accompagnato da allora la storia dell’uomo. Alla Beata Vergine del Santo Rosario il popolo di Dio si è rivolto nella miseria di fine Ottocento, nei grandi conflitti della Prima e Seconda Guerra mondiale, nei momenti più bui della vicenda
umana.

È sempre la Madonna l’ultimo baluardo, colei che, nelle litanie lauretane del Rosario, è chiamata anche Torre d’Avorio. Con quanta forza, il 4 ottobre, nella Supplica di quest’anno, presieduta dal Cardinale Fernando Filoni, Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, i devoti hanno rinnovato l’affidamento a Maria, invocata tra l’altro all’alba di ogni giorno del mese del Rosario con il tradizionale rito del "Buongiorno a Maria" che, grazie alle telecamere di Tv2000, è stato condiviso da un numero straordinario di persone. Ogni verso della preghiera è sembrato ancora più potente in questo nostro tempo: «Ti prenda compassione degli affanni e dei travagli che amareggiano la nostra vita. Vedi, o Madre, quanti pericoli nell’anima e nel corpo, quante calamità ed afflizioni ci costringono».

Ci costringono calamità e afflizioni, ma Pompei è ancora più costretta, gioiosamente costretta, ad avere ed essere speranza per il mondo intero. E la Supplica di quest’anno lo ha dimostrato, ancora una volta. Certo, fino a gennaio scorso, chi avrebbe mai immaginato celebrazione solo grazie al rispetto di norme sanitarie rigorose? Chi avrebbe potuto immaginare celebranti e fedeli con le mascherine calate su naso e bocca, attenti a rispettare il distanziamento di più d’un metro dal vicino di posto e a igienizzare le mani, con le forze dell’ordine e i volontari impeccabili nel far rispettare ogni norma. La difesa della vita, nella sua sacralità, è una priorità assoluta.

Ancora di più lo è la tutela della vita più fragile. Bartolo Longo, nel suo libro "Per la educazione morale e civile dei figli dei carcerati", spiegava di voler educare i ragazzi a diventare «buoni cittadini e buoni cristiani». E a richiamare ancora di più l’attenzione sulla delicatezza del momento è stata la triste notizia, appresa poco prima dell’inizio della celebrazione, della scomparsa di Monsignor Giovanni D’Alise, il Vescovo di Caserta che quattro giorni prima, colpito da Coronavirus, era stato ricoverato in ospedale. Era un amico del Santuario, teneramente devoto alla Madonna di Pompei, e, nel corso della celebrazione, si è pregato per lui così come per le centinaia di migliaia di morti causati da un virus, che ha fatto irruzione nella storia dell’umanità e della Chiesa come una prova misteriosa. Maria è sempre colei alla quale guardare perché, nella sua vita, non le fu risparmiata la sofferenza più atroce. «Venire a Pompei – ha spiegato il Cardinale Filoni nell’omelia, che pubblichiamo integralmente – significa venire a una scuola, quella di Maria dove si apprende che cos’è la fede, si impara a pregare e a dilatare il cuore nella carità». Il porporato, che il 3 ottobre ha fatto visita alle case famiglia del Centro "Giovanni Paolo II" del Santuario, ha spiegato di essere «rimasto favorevolmente sorpreso di vedere come, attorno a questo Santuario, albero sotto cui tanti vengono a trovare rifugio, ci siano così splendidi fiori». È quella carità che accomuna il Beato Bartolo Longo a San Francesco d’Assisi.

Quest’anno la Supplica è ricorsa proprio il 4 di ottobre, festa del Poverello d’Assisi. E in proposito l’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, nel saluto al celebrante, ha voluto ricordare le parole pronunciate dal suo venerato predecessore, il Servo di Dio Francesco Saverio Toppi, Arcivescovo di Pompei dal 1990 al 2001: «Bartolo Longo additava in Francesco la figura della Carità, della fratellanza universale e della pace. Quanto si proponeva con le Opere caritative, era un ideale che gli veniva ispirato in modo particolare dalla spiritualità francescana. Questa si armonizzava in lui a meraviglia con la spiritualità domenicana in una sintesi perfetta e operosa».
Ai fedeli che hanno raggiunto la Città mariana, tra i quali molti diversamente abili che hanno seguito il rito nei posti riservati all’interno della Basilica, si sono uniti centinaia di migliaia di devoti che hanno partecipato, in unione spirituale, dalle loro case seguendo la diretta su Canale 21 e Tv2000.
(Autore: Giuseppe Pecorelli)

Le parole dell’Arcivescovo di Pompei

La preghiera che ci fa tutti fratelli
«Bartolo Longo additava in Francesco la figura della Carità, della fratellanza universale e della pace. Quanto si proponeva con le Opere caritative, era un ideale che gli veniva ispirato in modo particolare dalla spiritualità francescana».

Il Servo di Dio
Francesco Saverio Toppi

Eminenza Reverendissima, benvenuto a Pompei!

È con grande gioia che l’accogliamo qui, nella Casa di Maria, ringraziandola di cuore per aver accettato di presiedere questa solenne liturgia. Lei è di casa a Pompei, non solo perché ha già presieduto questi riti nel 2007, così come la Messa per il Pellegrinaggio delle Famiglie per la Famiglia lo scorso anno. Le sue origini pugliesi rimandano immediatamente al nostro Fondatore, il Beato Bartolo Longo, al quale la unisce anche l’appartenenza all’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Ci ritroviamo oggi, prima domenica di ottobre, per la celebrazione della Santa Eucaristia e la recita della Supplica, preghiera composta dal nostro Beato nel 1883, in risposta alla prima enciclica sul Rosario di Papa Leone XIII. È una preghiera corale, che contiene in sé le domande e le richieste degli uomini e delle donne di ogni tempo. È una preghiera che unisce, al di là delle distanze, stiamo faticosamente vivendo. Durante il lockdown, la preghiera della Supplica, irradiata dai canali social del nostro santuario, ha legato in un’unica catena d’amore milioni di devoti della Vergine di Pompei sparsi in tutto il mondo. Ci ha fatto sentire davvero tutti fratelli, così come ci esorta Papa Francesco, del quale oggi ricorre la festa onomastica e che, appena ieri, sulla tomba del Santo di
Assisi, ha firmato l’Enciclica "Fratelli tutti", sulla fraternità e l’amicizia sociale. La felice coincidenza tra la festa di San Francesco e la preghiera solenne della Supplica mette in luce il forte legame tra il nostro Fondatore e il Poverello di Assisi, come scriveva nel 1992 il mio amato predecessore, il Servo di Dio Francesco Saverio Toppi, religioso francescano: «Bartolo Longo additava in Francesco la figura della Carità, della fratellanza universale e della pace. Quanto si proponeva con le Opere caritative, era un ideale che gli veniva ispirato in modo particolare dalla spiritualità francescana. Questa si armonizzava in lui a meraviglia con la spiritualità domenicana in una sintesi perfetta e operosa». Oggi siamo uniti in preghiera. E pregare assieme, nelle comunità come nelle famiglie, è certamente la riscoperta dei credenti di tutto il mondo in occasione della pandemia. Ricordiamo l’audience straordinaria alle Messe di
Papa Francesco da Santa Marta oi numerosissimi partecipanti alla nostra Staffetta del Rosario. Il santo Rosario, fondamento stesso del nostro Santuario, è, allo stesso tempo, preghiera e catechesi, perché meditandone i Misteri ripercorriamo le tappe della vita di Gesù, proponendoci in cuor nostro di riviverli nella nostra stessa esistenza. Bene lo sanno i devoti della Madonna di Pompei, che nonostante le restrizioni sociali per il contenimento dell’emergenza sanitaria, sono presenti qui in piazza, nel rispetto delle regole.

Innumerevoli, poi, sono i fedeli che ci seguono attraverso la tv e i canali social. A tutti loro va il più affettuoso saluto. Assieme alle distinte autorità civili e militari, guidate dal Sindaco di questa città mariana, sono presenti tra noi numerosi pellegrini, alcuni venuti anche dall’estero, rappresentanti delle parrocchie, delle associazioni e dei movimenti ecclesiali, degli Ordini Equestri tutelati dalla Santa Sede. Un posto speciale occupano gli ospiti e i responsabili delle
Opere caritative del Santuario di Pompei, nelle quali prosegue senza sosta, nonostante il Covid e le limitazioni connesse, l’accoglienza degli ultimi e degli emarginati, secondo gli insegnamenti e l’esempio del Beato Bartolo Longo. Durante la celebrazione pregheremo in particolare per Lei, Eminenza carissima, affidando alla Vergine di
Pompei, in primo luogo, il suo ministero sacerdotale ed episcopale. Accolga nuovamente i nostri auguri per il suo 50° di sacerdozio, da poco celebrato. E porteremo all’altare anche la sua missione di Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di
Gerusalemme. La Terra Santa, culla della nostra fede, è al centro delle preghiere di tutti i cristiani, soprattutto in questo momento di grandi difficoltà. Siamo restati ammirati dall’esempio dei trentamila cavalieri dell’Ordine del Santo Sepolcro, sparsi nel mondo, che hanno subito accolto il Suo appello ed inviato, suo tramite, al
Patriarcato latino di Gerusalemme un generosissimo e concreto sostegno straordinario. La Vergine del Santo Rosario di Pompei, da Lei tanto amata e venerata, la benedica e la protegga sempre! Benvenuto!

                                                    ✠Tommaso Caputo
                                          Arcivescovo-Prelato e Delegato Pontificio

*L'Omelia del Cardinale Fernando Filoni

L’umanità ferita cerca riparo a Pompei casa della carità alla scuola della Madonna
Cari fratelli e sorelle in Cristo,
Una venerabile tradizione vuole che la prima domenica di ottobre, dopo l’8 maggio, si rinnovi la pia pratica della recita, presso questo Santuario mariano, della Supplica alla Regina del Santo Rosario. È un appuntamento caro alla pietà popolare ed io sono particolarmente lieto di essere qui con voi, tanto più in quest’anno del mio 50° anniversario di vita sacerdotale. Ringrazio l’Arcivescovo per le sue parole di accoglienza ed il Clero per questo invito che mi permette di pregare con voi e di rendere grazie a Colei che fu madre del primo sacerdote, Cristo, e di ogni sacerdote che riceve in dono la missione di rinnovare sacramentalmente la presenza di Gesù nel mondo. C’è sempre un parallelismo adeguato tra Maria che genera Gesù e il sacerdote che genera l’Eucaristia. Venire a Pompei significa venire a una scuola, quella di Maria dove si apprende che cos’è la fede, si impara a pregare e a dilatare il cuore nella carità. Pompei è anche una palestra che ci permette di uscire da una pigrizia spirituale
e da una visione della vita arrotolata su se stessa. Qui il respiro di Dio genera la pace interiore, rinnova la speranza, fa comprendere che la fede non è estranea alla storia della vita e a quella del mondo. Il mistero della vita di Gesù – penso alla sua nascita, alla sua missione e alla sua morte redentrice - si comprende solamente stando accanto alla fede di Maria che divenne lo spazio aperto perché Dio si manifestasse visibilmente nel nostro mondo, da sempre articolato attorno ad una trama incerta e confusa di sé. Maria divenne allora il segno della fecondità della fede, dal momento che Ella stessa dovette fidarsi della Parola di Dio, comprendendola poi gradualmente negli avvenimenti difficili di cui divenne parte: pensiamo alla sua maternità non ordinaria, alla vita con Giuseppe e con il bambino nato da lei, agli anni lunghi e silenziosi di un’esistenza nascosta e semplice in un insignificante villaggio della Galilea,
Nazaret, alla vedovanza, all’esodo del figlio per una missione tra odi, incomprensioni e ammirazione suscitati da una predicazione accompagnata da segni prodigiosi; infine, pensiamo alla fine drammatica di Gesù con l’atroce morte in croce di cui Maria fu testimone raccogliendo l’ultimo gemito del Figlio. Maria maestra della fede ci comunica così il senso del nostro vivere, mentre il nostro tempo passa segnato da peccati, violenze, da tante tristezze e contraddizioni.

Il Vangelo di oggi è un po’ il paradigma di tali contraddizioni: il padrone di un campo pianta una vigna, la cura, spende tempo e denaro; ma deve partire e l’affida a dei contadini che gli dovranno dare poi parte del raccolto, del vino. Ma i vignaioli non intendono mantenere la promessa; tentano di appropriarsi della vigna e arrivano perfino a uccidere il figlio del padrone, costringendolo a ritornare e a far valere duramente i suoi diritti (cfr. Mt 21, 33-43).
In questa storia manca qualcosa. È infatti una storia di vicende umane, che conta su calcoli di sopraffazione e di ingordigia; ma la storia a cui Gesù intende fare riferimento nella parabola è altra; egli si riferisce al Regno di Dio, che ha diversa prospettiva, altri attori e una vicenda che non può fare a meno del ruolo di Maria. È attorno a lei, infatti, che si aduneranno gli apostoli, formando il popolo nuovo a cui verrà affidata la vigna e dato lo Spirito Santo. Il Regno di Dio ha bisogno di Maria, non può fare a meno di Lei. Con Lei la visione di ogni storia cambia. Come cambiò quella di Cana di Galilea, dove, con il suo intervento risoluto, Maria salvò gli sposi dal grave disagio in cui si sarebbero venuti a trovare nel giorno più bello, rovinato da un’imperdonabile carenza di vino: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela" (Gv 2, 5), dirà Maria agli inservienti; e la storia di quella giovane coppia cambiò. La mano tesa di Maria che spinge il Figlio ad agire mutando l’acqua in vino, da allora in poi non si è mai più ritirata; anzi preme continuamente sul cuore di Dio a venire incontro alle nostre necessità. Nel Rosario Maria si unisce alla nostra cadenzata preghiera, sostenendoci nelle afflizioni e nei mali che ci rattristano: quante guerre e violenze fratricide che rendono infelici anche gli stessi sopravvissuti, quante distruzioni; pensiamo alla fame e alle povertà che abbrutiscono e umiliano, guardiamo alle famiglie divise e lacerate per sempre; e che dire della droga che uccide, del consumismo che annebbia la vista, delle tante malattie che ci fanno soffrire? La radice di tutte queste tristezze è nella finitezza umana, ancor più dolorosamente percepite lì dove manca il senso dell’eternità. Maria educa all’eternità, ci incoraggia ad alzare lo sguardo e il cuore verso
Dio e ci insegna a pregare. Ma alla scuola di Maria si apprende anche la carità. La carità dilata il cuore, lo rende sensibile; Gesù stesso non poté esimersi di fronte all’impellente domanda della Madre: fate quello che egli vi dirà.

Da quell’istante non solo ai servitori, ma allo stesso Figlio non restò che ubbidire. Mai più nel Vangelo, Maria apparirà così decisa nello spingere Gesù ad agire. In verità, non ce ne sarebbe stato più bisogno perché il cuore dilatato di Cristo non si sarebbe più chiuso. Il mistero della carità dunque continua. Qui a Pompei questo mistero è ben vivo e presente. Io stesso ieri, visitando alcune Opere sociali, sono rimasto edificato, favorevolmente sorpreso di vedere come, attorno a questo Santuario, albero sotto cui tanti vengono a trovare rifugio, ci siano così splendidi fiori. Così dobbiamo riconoscere che, accanto al miracolo del vino, c’è anche quello del pane, lo stesso che permise presso il lago di Tiberiade di saziare migliaia di persone con cinque pani e pochi pesci (cfr. Gv 6, 1-3).

Le opere di carità attorno a questo Santuario, parlano di una moltiplicazione senza fine: di una lunga mensa per i poveri, di asili per madri e bambini in difficoltà, di centri per il recupero dalle dipendenze più distruttive e di accoglienza di migranti che giungono attraversando pericolosamente il Mediterraneo. La carità qui è poliedrica secondo l’intuizione del beato Bartolo Longo, di cui celebriamo domani la ricorrenza liturgica e quest’anno il 40° anniversario della Beatificazione. Sacramentalmente parlando, il supremo atto di carità di Cristo verso di noi sta nell’Eucaristia - pane e vino, il suo Corpo e il suo Sangue. Sarà un dono definitivo che si colloca al centro del Regno di Dio.
Fu allora, che nel raccogliere le parole del Signore - "Fate questo in memoria di me!" - la Chiesa nascente sentì in esse anche l’eco delle parole di Maria che diceva agli inservienti di Cana: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela!". Due espressioni che si uniscono in una sola. La Chiesa accolse pienamente quell’esortazione e, mentre ancora oggi riattualizza il Miracolo della presenza sacramentale di Gesù, riattualizza anche il miracolo della carità per i più poveri, perché i due "miracoli", l’Eucarestia e la Carità, sono inscindibili.

Fede e carità, qui, in Pompei, dunque, si uniscono, si intersecano e camminano insieme. In questa casa, a questa scuola di Maria la fede produce la carità e la carità dilata la fede: questi sono i doni che riceviamo. Con la Supplica chiederemo oggi a Maria di continuare ad essere nostra Maestra e Madre, di tenerci nella sua casa accanto a Gesù, di riannodare le fila interrotte della nostra vita, di riannodarci a Dio; le chiederemo che non venga meno nella Chiesa il dono dell’Eucaristia e il mistero della carità, ed imploreremo la misericordia e la pietà divina per le nazioni e il mondo intero afflitto da tanti mali. Amen.
✠ Card. Fernando Filono
Gran Maestro dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme

«Visitando alcune Opere sociali, sono rimasto edificato, favorevolmente sorpreso di vedere come, attorno a questo Santuario, albero sotto cui tanti vengono a trovare rifugio, ci siano così splendidi fiori.
Così dobbiamo riconoscere che, accanto al miracolo del vino, c’è anche quello del pane, lo stesso che permise presso il lago di Tiberiade di saziare migliaia di persone con cinque pani e pochi pesci».

✠ Card. Fernando Filono

"Maggio 2021" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza xxx

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Sua

"Ottobre 2021" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza Domenico Battaglia - Arcivescovo Metropolita di Napoli

Le parole dell’Arcivescovo di Pompei
Con Maria tutto rinacque e rinasce ogni giorno
Eccellenza, carissimo Don Mimmo, benvenuto a Pompei! Le siamo riconoscenti per aver accolto l’invito a presiedere questa celebrazione eucaristica nella casa della Madonna, “la Regina delle Vittorie, la Sovrana del Cielo e della Terra”, alla quale a mezzogiorno eleveremo la Supplica della prima domenica di ottobre. Desidero dare un grato benvenuto anche all’Arcivescovo Lazzaro You, Prefetto della Congregazione vaticana per il Clero, uno dei più stretti collaboratori di Papa Francesco, agli Arcivescovi Luigi Travaglino e Mario Milano, alle distinte autorità civili e militari qui presenti col Signor Sindaco di Pompei, ai numerosi sacerdoti, alle religiose, ai religiosi e ai tanti pellegrini giunti a Pompei dall’Italia e da altre nazioni. Con noi, stamattina, c’è un folto gruppo proveniente dalla Polonia.
E un saluto speciale ai fratelli e alle sorelle che ci seguono attraverso la televisione. Oggi, la casa di Maria sembra quasi trasformare le pietre, con le quali fu edificata per volontà del Beato Bartolo Longo, in braccia di carne che s’allargano fino ad abbracciare tutti, anche i popoli più lontani, soprattutto gli uomini e le donne che vivono il tempo del dolore, della solitudine, della malattia. Un abbraccio che si estende ovunque, e in modo speciale in questo giorno solennissimo, con la preghiera della Supplica, l’ora del mondo, che il Beato Bartolo Longo scrisse nel 1883.
La reciteremo anche noi tra poco riconoscendo che, senza la Vergine Maria, che sempre conduce a suo figlio Gesù, non avremmo né meta né direzione. Caro Mons. Mimmo, la gente di Napoli, terra benedetta da Dio, ha un vincolo profondo con la Madonna di Pompei, la cui Immagine si ritrova nelle chiese, ai crocicchi delle strade, negli edifici pubblici e privati, soprattutto nel cuore di tante persone. Ne avrà fatto spesso esperienza sin da quando, il 2 febbraio scorso, ha fatto ingresso a Napoli, come Arcivescovo metropolita. È proprio a Napoli che il giovane avvocato Bartolo Longo si recò alla ricerca di un’immagine della Vergine dinanzi alla quale i pochi contadini dell’allora Valle potessero pregare. Il Beato trovò il Quadro, oggi venerato nel mondo, nel Convento del Rosariello, a Porta Medina, nella Pignasecca. Gli fu affidato da una religiosa domenicana di clausura, Suor Maria Concetta De Litala. L’Icona arrivò a Pompei il 13 novembre del 1875 su un umile carro di letame. Quello che accadde dopo è sotto gli occhi di tutti. Dov’era una natura selvaggia è sorta una città; dov’erano i briganti è arrivato un popolo d’innamorati della Madonna; dov’era il silenzio della paura e della fatica quotidiana s’eleva la preghiera del Rosario; dov’era l’ignoranza è la sapienza della fede; dov’era la morte è la vita; dov’era il buio della desolazione è la luce della carità. Tutto rinacque, e rinasce ogni giorno, grazie alla presenza di Maria che, con la preghiera del Rosario, ci insegna a contemplare con i suoi stessi occhi il volto del suo divin figlio Gesù, nostro Salvatore. Lei, carissimo don Mimmo, ha un cuore pompeiano perché intriso di carità.
Ha guidato il Centro calabrese di solidarietà, comunità dedicata al trattamento e al recupero di persone affette da dipendenze; è stato vicepresidente della “Fondazione Betania” di Catanzaro, opera diocesana di assistenza e di carità; ha ricoperto l’incarico di presidente nazionale della Federazione italiana delle comunità terapeutiche. Nei ragazzi in cui non credeva più nessuno ha visto il volto di Cristo sofferente ed è stato per loro padre e madre. Qui a Pompei, nel solco del carisma del Beato, operano i Centri educativi “Beata Vergine” e “Bartolo Longo”, guidati rispettivamente dalle Domenicane Figlie del Santo Rosario e dai Fratelli delle Scuole Cristiane: vi sono accolti bambini e adolescenti in situazioni di disagio familiare; la Casa Emanuel, che ospita donne sole con i loro piccoli; le cinque case famiglia del Centro per il bambino e la famiglia “Giovanni Paolo II”; la Mensa per i poveri “Papa Francesco” frequentata ogni giorno da centinaia di persone, spesso intere famiglie; la Comunità Incontro per il recupero dalle dipendenze.
I Padri della Certosa di Serra San Bruno, nella sua terra calabrese, hanno come motto: “Stat Crux dum volvitur orbis” - “La Croce resta ferma mentre il mondo gira”.
Ma sotto quella Croce era Maria, che resta sempre lì, Madre premurosa per tutti i suoi figli. La Madonna, che oggi invocheremo nella Supplica e sempre invochiamo nella preghiera del Rosario, radice stessa di questo Santuario, conceda a lei, caro don Mimmo, e a tutti noi, l’amore suo costante e, in modo speciale, la sua materna benedizione.
Tommaso Caputo

       

Arcivescovo-Prelato e Delegato Pontificio

*L’impegno rinnovato di pregare il Rosario

L’Arcivescovo di Napoli, Domenico Battaglia, ha presieduto il tradizionale appuntamento della prima domenica del mese del Rosario in piazza Bartolo Longo. Nelle sue parole l’esortazione a guardare alle periferie della storia, ai piccoli e agli ultimi, dei quali si calpestano i diritti e non si ascolta il grido. Al termine dell’Angelus, anche Papa Francesco si è unito spiritualmente ai pellegrini raccolti in preghiera nella Città mariana.
«Il futuro è dei piccoli, e ogni futuro va costruito nel presente, nella capacità di accogliere, di agire per il giusto oggi, affinché il domani veda innalzato chi è umiliato adesso. Quante volte invece le nostre parole incoerenti, l’egoismo delle nostre azioni tradisce l’amore e la giustizia? Quante volte allontaniamo da noi i bambini, gli indifesi, e non ci accorgiamo della durezza dei nostri cuori?».
Sono le parole dell’Arcivescovo metropolita di Napoli, Monsignor Domenico Battaglia, che domenica 3 ottobre, a Pompei, ha presieduto la Messa e poi la recita della Supplica di ottobre, mese del Rosario, sul sagrato del Santuario dove, grazie a un’organizzazione minuziosa, si è riusciti a garantire una grande partecipazione di popolo nel rispetto delle misure sanitarie in vigore.
A concelebrare sono stati l’Arcivescovo di Pompei, Tommaso Caputo, l’Arcivescovo Lazzaro You, Prefetto della Congregazione vaticana per il Clero, l’Arcivescovo Luigi Travaglino, Nunzio apostolico emerito, l’Arcivescovo emerito di Aversa, Mario Milano, e il clero della Prelatura di Pompei. Pur a distanza, la diretta dell’evento, garantita, in tv e in streaming, da Tv2000 e da Canale 21, ha consentito la partecipazione di centinaia di migliaia di persone non solo in Italia, ma anche in Europa e nel mondo. Spiritualmente anche Papa Francesco si è unito a Pompei e, al termine della recita dell’Angelus domenicale, non ha fatto mancare le sue parole di vicinanza ai fedeli pellegrini nella Città mariana: «In questa prima domenica di ottobre – ha detto il Santo Padre – il pensiero va ai fedeli radunati presso il Santuario di Pompei per la recita della Supplica alla Vergine Maria.
In questo mese rinnoviamo insieme l’impegno a pregare il Santo Rosario». Nell’omelia di Monsignor Battaglia, un’esortazione a vincere gli egoismi personali, a superare l’indifferenza verso la sofferenza dei fragili, a non arrendersi a chi calpesta i diritti dei piccoli e a costruire una civiltà fondata sull’amore.
L’Arcivescovo di Napoli è stato accolto a Pompei dal saluto del Prelato, Monsignor Caputo, che nel suo intervento ha sottolineato il rapporto profondo tra Napoli e la Madonna del Rosario. Il Quadro che raffigura la Vergine, oggi venerato nel mondo, si trovava nel Convento del Rosariello, a Porta Medina, nella Pignasecca. L’Icona, che arrivò a Pompei il 13 novembre 1875, fu affidata a Bartolo Longo da una religiosa domenicana di clausura, Suor Maria Concetta De Litala.
(Autore: Giuseppe Pecorelli)
*L’omelia dell’Arcivescovo Domenico Battaglia
 
In ascolto dei bambini e dei piccoli del Vangelo
 
Carissime sorelle e fratelli, è una gioia per me essere qui con voi, in questo giorno così solenne ma allo stesso tempo, familiare, intimo, perché abitato da un incrocio di sguardi che sanno di cielo, come ogni sguardo che lega una madre e i suoi figli. Oggi Maria di Nazareth, Madre della Chiesa, gioisce nel vedere uniti i suoi figli intorno a lei e i figli si rallegrano nel respirare il calore del suo abbraccio, calore che porteranno con sé una volta lasciate le mura sicure di casa, e a cui attingeranno ogni qual volta la strada si farà impervia e il cammino tortuoso. Grazie Fratello Vescovo Tommaso, per avermi invitato in questa città di Maria e avermi permesso di spezzare con voi e per voi il pane della Parola del suo Figlio! Maria ripete e propone unicamente la Parola del Figlio.
Se la guardiamo nei Vangeli la ritroviamo disponibile ad accogliere la Parola, pronta a metterla in pratica, beata per avervi creduto, rapida nell’indicarla come unica via possibile di salvezza, di gioia e di fraternità. Ogni qualvolta ci rivolgiamo a lei, ci sentiamo ripetere le parole che disse a Cana: fate quello che vi dirà! Rispondendo a quest’invito, ci addentriamo così nella buona notizia del Vangelo: ecco, dovremmo sempre ricordarcelo, la Parola di Dio, il Vangelo è buona notizia! E il frutto di una buona notizia è lo spuntare di un sorriso sul volto, di una lacrima di gioia dagli occhi, di un vigore nuovo e prezioso capace di dare slancio alle fatiche quotidiane.
Qual è la buona notizia che il Vangelo oggi ci consegna? È che Dio non è il Dio dei grandi e dei potenti ma dei piccoli, degli umili, di coloro che non contano niente agli occhi del mondo ma che lui non dimentica e per i quali interviene, a tutela della loro dignità di figli, della loro uguaglianza di fratelli e sorelle amati dal Padre! Domandano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie e ovviamente, in linea con la tradizione religiosa, la risposta appare scontata: si, è lecito! Mosè infatti ha permesso al marito di scrivere un atto di ripudio per mandar via la propria moglie. Ma Gesù interviene spiegando e prendendo le distanze: Mosè scrisse questa norma per la durezza del vostro cuore. È la sclerocardia il terreno su cui andrà a seminare Mosè e questo ci fa comprendere come spesso le regole, le norme, più che riflettere l’intenzione originaria e liberante del Padre diventano un compromesso che rispecchia la piccolezza e la durezza del cuore degli uomini. Non può passare sott’occhio il fatto che ad essere oggetto di ripudio, nella questione posta a Gesù, è unicamente la donna, la quale era ben lontana dal godere degli stessi diritti dell’uomo, ridotta così ad un mero oggetto di possesso di cui potersi disfare attraverso il ripudio. Intervenendo con chiarezza, Gesù non ristabilisce solo una sacralità della relazione, ma riporta tutti alla sorgente dell’Amore.
Quell’amore che al principio creò l’uomo e la donna uguali nella dignità, nella bellezza, nel rispecchiare, insieme, l’immagine e la somiglianza di Dio! E così la parola di Gesù diventa baluardo di difesa dell’amore vero, autentico, lontano dal possesso e dal dominio e nello stesso tempo si fa strumento di liberazione per la donna, che entra nella logica dell’amore matrimoniale con gli stessi diritti e doveri dell’uomo. Così, mentre noi corriamo il rischio di cercare tra questi versi evangelici esclusivamente un pronunciamento chiaro sulla fine di un amore, Gesù ci riporta all’inizio dell’amore, al suo principio, riconsegnandoci al sogno di un Dio che non separa ma unisce, che non crea logiche di dominio ma di condivisione, che affida la scintilla del proprio amore alle mani fragili dell’uomo e della donna, invitandoli alla cura vicendevole e al rispetto autentico. Provate a pensare la grande emozione del “per sempre” ... ti sposo per sempre, l’emozione di questa sfida: sei come sigillo sulla mia carne, sul mio cuore... pensate cosa diventa questa emozione del “per sempre” quando la si impoverisce, la si appiattisce ad un precetto. E quello che sto dicendo per l’indissolubilità vale anche per la fedeltà: che spesso è impoverita a “non tradire l’altro” e non invece interpretata a investimento di fiducia nell’altro, come evoca la parola, a passione per la sua immagine, a rispetto tenero del suo volto, a scommessa sull’altro, sulla sua creatività e libertà.
Due sposi, nel giorno del matrimonio, non dovrebbero promettere di stare insieme per sempre, ma di tenere per sempre vivo l’amore. È questo che consente loro di crescere. La fedeltà quotidiana “all’inizio” per non ricadere nella solitudine. Perché il male è la solitudine. Dio non è per la solitudine. La solitudine, come la distanza, non è colmata dai discorsi, è colmata da uno sguardo, da una carezza, da un abbraccio. La questione che il Signore pone, come vedete, è ben più grande del semplice quesito del ripudio: è un invito alla condivisione, alla protezione, alla difesa e alla custodia del suo sogno che è amore infinito ed eterno! Un amore che sovverte ogni ragionamento mondano, ogni cerimoniale umano, dando rilievo a ciò che agli occhi dei grandi non conta, rimettendo al centro coloro che dall’ambizione egoistica vengono posti ai margini, annientando le distanze che separano i piccoli e gli ultimi dal posto che il sogno di Dio assegna loro: il suo cuore. Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso. Gesù è chiaro: prendete esempio dai più piccoli, dalla loro fiducia, dalla loro istintiva bontà, dalla semplicità con cui accolgono le parole che vengono rivolte. È un’inversione di prospettiva: anche chi è più piccolo va ascoltato e lasciato avvicinare, perché ha cose da dire, da chiedere, da ricevere, perché è senz’altro potere che non sia il suo esistere. Il Vangelo ci mostra così l’atteggiamento dei discepoli, ancora distanti dall’essere in sintonia con il pensiero del Maestro e per questo pronti ad allontanare con fastidio i bambini provocando l’indignazione di Gesù.
I bambini a quel tempo - ma quante volte anche al nostro - contavano poco, erano senza diritti, la loro parola non veniva ascoltata e il loro volere era consideravo di valore. I bambini erano e sono ancora un segno dei fragili, dei piccoli, degli ultimi. Molti bambini non sono invisibili, ma non veduti. E ogni qualvolta che la comunità cristiana non si mette al loro servizio ma piuttosto con il suo comportamento li respinge, li calpesta, li ignora privandoli così di camminare verso la bellezza, la pienezza, la dignità che Dio desidera per loro, l’atteggiamento di Gesù nei suoi riguardi è di indignazione! Il Maestro, sempre paziente e disponibile, non sopporta che venga lesa la dignità dei piccoli, calpestato il diritto dei bambini, annientato il desiderio di felicità degli ultimi! L’indignazione di Gesù si tramuta però in sorriso e benedizione ogni qualvolta la Chiesa e la comunità tutta rimettono al centro i bambini, accogliendoli con tenerezza, curandoli con competenza, prodigandosi per la fioritura della loro vita! Il futuro è dei piccoli, e ogni futuro va costruito nel presente, nella capacità di accogliere, di agire per il giusto oggi, affinché il domani veda innalzato chi è umiliato adesso. Quante volte invece le nostre parole incoerenti, l’egoismo delle nostre azioni tradisce l’amore e la giustizia? Quante volte allontaniamo da noi i bambini, gli indifesi, e non ci accorgiamo della durezza dei nostri cuori? Molti ragazzi vengono definiti a rischio di devianza. Ma forse, a essere a rischio è la nostra capacita di amare e di accogliere. Disponibilità ad abbracciare i più piccoli e a non ripudiare nessuno è non tanto fare domande come i farisei, ma saper offrire risposte. Qui a Pompei tocchiamo con mano quanto al Signore stiano a cuore i bambini e gli ultimi! Qui l’indignazione di Gesù nei riguardi di coloro che violano i piccoli, usurpandone i diritti e la dignità, diviene sorriso, gioia, benedizione, sigillo inossidabile di autenticità posto su tutti coloro che accogliendo i bambini, tutelandone la vita, ponendosi al servizio della loro crescita mostrano la duplice vocazione di questa terra, fecondata dall’apostolato di Bartolo Longo: essere una casa di preghiera, essere un santuario di carità! E non è un caso che questo avvenga sotto lo sguardo e la custodia di Maria, donna della speranza, madre dell’amore, che ci indica continuamente la strada della felicità, invitandoci a seguire Gesù, ad ascoltare la sua Parola e credervi con generosità. Come ha creduto lei, prima discepola del Figlio, attraversando le domande della vita, dando a Dio la possibilità di parlare nella parte più profonda della sua anima! Ed è per questo che dagli abissi del suo cuore sale il canto di speranza, un canto che non è solo di Maria ma di tutto il popolo: “Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore, ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi”. Maria ci invita così a riconoscere le tracce di Dio nella storia e dentro di noi, sapendo che Lui si è già fatto vicino, presente, lo abbiamo già incontrato, lo incontriamo ogni giorno sulle strade della nostra quotidianità. I poveri e gli ultimi conoscono la potenza dell’amore del Signore, perché la sua signoria li risolleva dalla loro condizione. Il Signore accoglie la sofferenza, le lacrime, il dolore, delle periferie di questa storia, del grido inascoltato.
La vita di chi sembra non avere più dignità davanti agli uomini, è già amata e salvata, perché è nelle mani di Dio. Maria ci conferma in questa verità… C’è un canto che proviene dall’America Latina e che cantiamo spesso, nella versione italiana, nei nostri santuari e nelle nostre chiese: Santa Maria del Cammino. A volte, come spesso accade con le canzoni, lo cantiamo senza conoscere da dove viene e il contesto da cui ha preso vita. Quel canto nasce dalla voce di tanti campesinos che verso la fine della seconda metà del secolo scorso, trovarono nella Parola di liberazione e di salvezza di Gesù, la forza e il motivo per organizzarsi e lottare pacificamente e senza violenza contro il sistema di oppressione che rendeva i poveri sempre più poveri, schiacciandoli nella loro dignità di figli di Dio! A chi guardavano quegli umili contadini? A chi decisero di chiedere aiuto, compagnia, audacia se non all’umile ragazza di Nazareth, alla Madre dei piccoli e dei poveri, alla Donna del Magnificat? E così nelle loro marce di protesta, nelle processioni dopo il lavoro, nel segreto della loro preghiera, portando ai suoi piedi i desideri di bene di tutta l’umanità si rivolgevano alla loro Madre, cantando: Vieni o madre in mezzo noi, vieni Maria quaggiù! Cammineremo insieme a te, verso la libertà! Oggi, guardando a Maria in quest’ora così cara a tanti suoi figli e figlie sparse per il mondo, dinanzi alla complessità di un tempo storico in cui le avversità sembrano tarpare le ali all’entusiasmo del futuro e l’egoismo dei cuori appare il pericolo più grande per l’intera umanità e perfino per il pianeta, chiediamo anche noi alla nostra Madre di diventare nostra compagna di viaggio, promettendole di tenerla accanto a noi, senza relegarla nella nicchia di un altare ma consentendole di abitare nei nostri cuori, tra le nostre case, mentre una mano sgrana il suo rosario benedetto, dolce catena che ci rannoda a Dio e l’altra mano dona un pasto ad un povero, una carezza ad un bambino, un aiuto ad un anziano.
Facendo mie le parole del canto, con voi e per voi vorrei ripetere a Maria: Madre nostra, Donna del Magnificat, donaci il coraggio di credere che mentre trascorre la vita, nessuno di noi è mai solo, poiché tu, santa Maria del Cammino, sempre sei con noi. E quando qualcuno ci dice rassegnato: “Nulla mai cambierà”, ridesta in noi il desiderio di lottare per un mondo nuovo, di lottare per la verità! E se nel nostro quotidiano, lungo la strada di tutti i giorni, incontriamo persone chiuse in sé stesse, senza una meta apparente, aiutaci a fare il primo passo, offrendo per primi la mano a chi ci è vicino. E quando la stanchezza ci afferra e ci sembra inutile continuare a lottare, ricordaci che nessuna fatica d’amore andrà perduta e che sul solco del nostro cammino, altri uomini e altre donne si metteranno alla sequela del bene, alla sequela del tuo Figlio. Vieni o Madre in mezzo a noi, vieni, Maria quaggiù. Cammineremo insieme a te verso la libertà. Amen!
 
Domenico Battaglia
 
Arcivescovo Metropolita di Napoli

"Maggio 2022" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza il Cardinale Mario Grech

Segretario generale del Sinodo dei Vescovi

Papa Francesco affida alla Madonna l’ardente desiderio di pace
A mezzogiorno, mentre nella Città mariana si è rinnovato l’appuntamento con la Supplica alla Madonna del Rosario, quest’anno presieduta dal Cardinale Mario Grech, Segretario Generale del Sinodo, il Santo Padre, durante il Regina Caeli in Piazza San Pietro, «spiritualmente inginocchiato davanti alla Vergine», ha affidato alla Madonna «l’ardente desiderio di pace di tante popolazioni che in varie parti del mondo soffrono l’insensata sciagura della guerra» presentando «alla Vergine Santa le sofferenze e le lacrime del popolo ucraino». Nella sua omelia, il Cardinale Grech ha ricordato che mentre l’odio insanguina l’Europa e il mondo, Dio continua a credere nell’umanità. E la speranza viene dalla preghiera e dalla carità, i “cardini” di Pompei.
“Proprio in quest’ora tanti fedeli si stringono intorno alla venerata Immagine di Maria nel Santuario di Pompei, per rivolgerle la Supplica sgorgata dal cuore del Beato Bartolo Longo. Spiritualmente inginocchiato davanti alla Vergine, le affido l’ardente desiderio di pace di tante popolazioni che in varie parti del mondo soffrono l’insensata sciagura della guerra. Alla Vergine Santa presento in particolare le sofferenze e le lacrime del popolo ucraino. Di fronte alla pazzia della guerra, continuiamo, per favore, a pregare ogni giorno il Rosario per la pace». Sono le parole che Papa Francesco ha pronunciato domenica 8 maggio, in piazza San Pietro, durante il Regina Caeli, proprio nel momento in cui, sul sagrato del Santuario di Pompei, si elevava la tradizionale Supplica alla Madonna del Rosario, presieduta quest’anno dal Cardinale Mario Grech, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, e concelebrata, in particolare, dall’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, dall’Arcivescovo Luigi Travaglino e dal clero della Città mariana. Alle migliaia di fedeli, presenti sul sagrato della Basilica per il rito, si sono unite centinaia di migliaia di persone che lo hanno seguito in televisione, grazie alle emittenti Tv2000 e Canale 21. E la preghiera si è elevata nelle case, nelle piazze, nelle chiese di tutto il mondo che, a mezzogiorno in punto, hanno “rivolto” gli occhi e il cuore a Pompei. Nella sua omelia, tenuta in una piazza Bartolo Longo tornata ad essere gremita dopo i due anni più duri della pandemia, il Cardinale maltese ha parlato proprio della pace, la prima delle intenzioni di preghiera che sono state rivolte, in questo giorno speciale, alla Madonna, alla quale è stato affidato anche il cammino sinodale della Chiesa universale. Inoltre, la scommessa sull’umanità, nella quale la Chiesa continua a credere saldamente, anche in tempi difficili come quelli attuali, trova forza nella carità e nella preghiera, che il Cardinale ha definito “ingredienti” e “cardini” della Chiesa sinodale, custoditi nella Città mariana. Commentando poi il Vangelo della domenica, il Segretario del Sinodo ha ricordato come la Chiesa in cammino viva nella relazione tra il pastore e il suo gregge, un rapporto fondato sull’amore. E alla carità, che restituisce la speranza all’umanità, è dedicata anche una riflessione del saluto dell’Arcivescovo della Città mariana, Monsignor Tommaso Caputo. Lo pubblichiamo integralmente insieme all’omelia del Cardinale Grech. (G. P.)
“Oggi, 8 maggio, si eleva l’intensa preghiera della “Supplica alla Madonna del Rosario” di Pompei, composta dal Beato Bartolo Longo. Ci uniamo spiritualmente a questo popolare atto di fede e di devozione, affinché per intercessione di Maria, il Signore conceda misericordia e pace alla Chiesa e al mondo intero». Era mercoledì 8 maggio 2013 quando Papa Francesco, nell’Udienza Generale, si univa spiritualmente ai fedeli convenuti a Pompei. Quella espressa dal Santo Padre è una vicinanza non fisica, eppure profondissima, ribadita, anche negli anni successivi, nelle parole pronunciate nei giorni “solennissimi” dell’8 maggio e della prima domenica di ottobre. «Ottobre – diceva ancora nel 2013, nell’Angelus di domenica 6 – è anche il mese del Rosario, e in questa prima domenica è tradizione recitare la Supplica alla Madonna di Pompei, la Beata Vergine Maria del Santo Rosario. Ci uniamo spiritualmente a questo atto di fiducia nella nostra Madre, e riceviamo dalle sue mani la corona del Rosario: il Rosario è una scuola di preghiera, il Rosario è una scuola di fede!». Inizia, sin da quel primo anno di pontificato, la consuetudine del Papa di andare a Pompei col pensiero e con il cuore esprimendo la propria unione spirituale con i devoti, che rinnovano la preghiera della Supplica nella Città mariana. La Madonna del Rosario «ottenga la pace, alle famiglie e al mondo intero!», invocava nell’Angelus del 5 ottobre 2014. Nel Regina Caeli del 7 maggio 2017 raccomandava di pregare il Rosario per la pace. Quello della concordia universale è un tema che torna spesso nelle parole del Santo Padre, che affida proprio alla Madonna di Pompei questa speciale intenzione. E, insieme all’incessante richiesta di pace, Papa Francesco ricorda sempre l’importanza di invocare la Vergine con l’orazione a lei più cara: «In questo mese rinnoviamo insieme l’impegno a pregare il santo Rosario», ha esortato il 3 ottobre 2021.
*Le parole dell’Arcivescovo di Pompei
Le Opere sociali corona di rose del Santuario
Eminenza Rev.ma, benvenuto a Pompei! La ringrazio vivamente di aver accettato l’invito a presiedere questa solenne Concelebrazione Eucaristica e a guidare la recita della Supplica, che alle 12.00 eleveremo alla Vergine del Rosario. Assieme a Lei saluto i confratelli Vescovi, le distinte autorità civili e militari col Signor Sindaco di Pompei, i sacerdoti e i pellegrini, tra cui i carissimi genitori di Vostra Eminenza. Lei proviene dalla Repubblica di Malta, dove sono stato dal 2007 al 2012, al servizio della Santa Sede e dove l’ho conosciuta e ho potuto apprezzare le Sue doti di Pastore dei fedeli della diocesi di Gozo. Nell’arcipelago maltese la devozione alla Madonna di Pompei risale al primo periodo di costruzione del nostro Santuario ed è legata alla testimonianza della grazia ricevuta dalla Marchesa Rosina Apap Testaferrata (prima Zelatrice del Rosario in Malta), che nell’ottobre del 1885 proprio nell’ora della “Supplica”, scampò, insieme al marito e ad altre quattordici persone, ad un naufragio, mentre fuggivano dall’epidemia del colera che aveva colpito la Sicilia. Per ringraziare la Madonna contribuì generosamente alla costruzione della chiesa di Nostra Signora del Rosario di Pompei a Marsaxlokk. Eminenza, anche la Sua devozione alla Madonna di Pompei è legata ad una chiesa dedicata proprio a Lei nella Sua splendida isola di Gozo. Da circa 3 anni, il Santo Padre Francesco l’ha chiamata in Vaticano, nominandola Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi e creandola Cardinale nel Concistoro del 28 novembre 2020. Papa Francesco ci sta insegnando che la sinodalità, il camminare insieme, è una vocazione fondamentale per la Chiesa e deve rendere tutti noi – sacerdoti, religiosi e laici – protagonisti della vita di fede per fare della Chiesa tutta una comunità evangelizzatrice. Anche qui a Pompei ci siamo incamminati, come Santuario, come Parrocchie, come Associazioni e come Opere di carità in questo percorso, avendo come modello la nostra Madre celeste, donna sinodale per eccellenza. Eminenza, la Sua presenza qui ci porta nel cuore della Chiesa universale e del nostro amato Santo Padre Francesco, per il quale, come lui stesso chiede ripetutamente, preghiamo ogni giorno. Dica al Papa che gli vogliamo bene e sosteniamo il suo ministero di Pastore della Chiesa universale e di luce per il mondo intero. Nel 1901, all’inizio del cosiddetto secolo breve, nel quale l’umanità ha vissuto tante tragedie, il Fondatore di Pompei, il Beato Bartolo Longo, volle dedicare alla pace la magnifica facciata del Santuario, davanti alla quale stiamo celebrando. Fin dallo scorso 24 febbraio, seguendo gli accorati appelli di Papa Francesco, abbiamo intensificato il nostro impegno di preghiera per la pace, con celebrazioni, veglie, momenti di riflessione e accoglienza morale e materiale dei profughi ucraini. L’impegno a favore degli ultimi e dei più deboli è nel DNA di questo Santuario, accanto al quale sorgono come una corona di rose, da oltre 130 anni, Opere sociali per l’accoglienza di minori e adulti in difficoltà. Molti di loro, assieme agli operatori di queste strutture: religiosi, religiose, laici e famiglie, sono qui in piazza per rendere grazie al Signore Gesù e alla Madre. A Lei, Vergine del Santo Rosario, affidiamo la Sua persona e il Suo Ministero, nel ringraziarLa ancora per essere qui.
Tommaso Caputo
Arcivescovo Prelato e Delegato Pontificio

*L’omelia del Cardinale Mario Grech
 
La preghiera e la carità i “cardini” di Pompei
 
Cari fratelli e sorelle, è particolarmente significativo trovarci insieme in questo luogo così venerato nel quale la preghiera da sempre si associa alla carità e all’accoglienza. Fu grazie all’intuizione del Beato Bartolo Longo che il Santuario di Pompei non fu solamente il luogo della preghiera, ma anche il luogo dell’accoglienza, della carità e della fiducia. E da quello che ho potuto constatare personalmente in questi giorni, l’attuale pastore di questa Chiesa, Sua Eccellenza Monsignor Tommaso Caputo, sull’esempio del Beato Bartolo Longo, è ben convinto che una fede senza dono, una fede senza gratuità è una fede incompleta, è una fede debole, una fede ammalata e perciò si è seriamente impegnato per conservare ed ampliare sia la preghiera e sia le opere di carità in questa città di Maria del Santo Rosario. Si tratta in realtà di due elementi che sono di grande attualità per la vita della Chiesa in ogni tempo, ma in particolare oggi, mentre viviamo il percorso sinodale che Papa Francesco ha voluto per la Chiesa universale e di cui stiamo attraversando la prima fase in ogni Chiesa particolare, in ogni diocesi, quella dell’ascolto. Infatti il volto di una Chiesa sinodale ha in questi due «ingredienti», custoditi a Pompei, i suoi cardini: la preghiera e la carità. In particolare qui a Pompei la carità ha assunto un tratto particolare: quello della scommessa sull’uomo, in particolare sugli ultimi, gli orfani, i figli dei carcerati. Una Chiesa sinodale è una Chiesa che scommette sull’uomo, facendosi imitatrice dello stile di Dio, come ci ha ricordato il Santo Padre nel discorso di apertura del percorso sinodale: «torniamo sempre allo stile di Dio: lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza. Dio sempre ha operato così. Se noi non arriveremo a questa Chiesa della vicinanza con atteggiamenti di compassione e tenerezza, non saremo la Chiesa del Signore» (Roma, 9 ottobre 2021). Per questo preghiera e carità non possono mai essere separate: la carità dei discepoli e delle discepole di Gesù non è una filantropia ripiegata su sé stessa, ma consiste nel vivere lo stesso amore di Dio che invochiamo e contempliamo nella preghiera. Ma per entrare in questo mistero di carità che contempliamo sul volto di Dio lasciamoci guidare dalla Parola di Dio che abbiamo appena proclamato, dedicata alla figura di Gesù-Pastore. Nel brano del Vangelo si descrivono le azioni delle pecore quelle di Gesù-Pastore. Ripercorrendo i verbi di questo testo di Giovanni possiamo scoprire la dinamica interna di una Chiesa sinodale che si gioca nel rapporto tra il Padre, Gesù e i suoi discepoli. Che cosa fanno le pecore? Le pecore ascoltano la voce del Pastore. Gesù sta parlando in prima persona e dice: «le pecore ascolano la mia voce». La prima cosa che le pecore fanno è quella di ascoltare la voce del Pastore. Questo dice un rapporto personale che è frutto della preghiera e della frequentazione della Parola di Dio. Infatti noi ascoltiamo solo la voce che conosciamo, quella che ci è familiare, non quella dell’estraneo (Gv 10,5) che non conosciamo. Proprio all’inizio del discorso si dice che il pastore chiama le pecore ad una ad una per nome e che le pecore conoscono la sua voce (cf. Gv 10,3-4). Per ascoltare la voce del Pastore occorre familiarità con lui e questa familiarità, che ci permette di riconoscere la sua voce tra le tante voci, nell’esperienza credente è la preghiera. Sempre nel discorso di apertura del percorso sinodale il Santo Padre ha affermato: «il sinodo ci offre l’opportunità di diventare Chiesa dell’ascolto: di prenderci una pausa dai nostri ritmi, di arrestare le nostre ansie pastorali per fermarci ad ascoltare. Ascoltare lo Spirito nell’adorazione e nella preghiera». In secondo luogo le pecore «seguono» il pastore. È il secondo verbo che ha per soggetto le pecore. Non basta ascoltare occorre seguire. Qui potremmo dire troviamo il secondo elemento di una Chiesa dal volto sinodale: la carità. È l’ascolto della voce del Pastore che si traduce in vita vissuta. Non c’è ascolto autentico che non si traduca in sequela del Signore, facendo «sinodo» dietro a lui, cammino insieme. È significativo che si parli di un gregge. Infatti in un gregge è fondamentale camminare insieme, andare insieme dietro il pastore. Solo così le pecore possono avere la vita. Quando una pecora si smarrisce e cammina da sola, va in pericolo. Ma un gregge cammina insieme non perché i suoi membri si sono scelti, ma per la relazione che tutti hanno con l’unico pastore. Come il pastore è ciò che fa l’unità del gregge, così è Gesù che fa l’unità della Chiesa, della comunità dei suoi discepoli e discepole. Allora il fondamento dell’ascolto e della sequela non sta nelle pecore, ma nel pastore. Dobbiamo guardare a lui se vogliamo trovare il fondamento del nostro essere Chiesa. Che cosa fa allora il pastore? Egli conosce le pecore e dona loro la vita eterna. C’è un legame tra l’ascolto e la sequela delle pecore e il conoscere e il dare la vita del Pastore. Nella Bibbia quando parliamo di conoscenza facciamo riferimento ad una realtà relazionale: si conosce, quando si è sperimentata una persona e si è rimasti toccati dall’incontro con lei. Gesù conosce le pecore perché le ha amate al punto da «deporre» la sua vita (cf. Gv 10,15) e così «consegnare» loro la vita eterna. In un altro passaggio del discorso si dice che il pastore conosce le pecore e le pecore lo conoscono (Gv 10,14): è una relazione reciproca fondata sull’amore di Gesù per le sue pecore, i suoi discepoli, fino al dono della vita. Per Giovanni Gesù ci ha amato dell’ «amore più grande». Infatti «nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,13). Questo è uno dei frutti della Pasqua di Gesù: la conoscenza reciproca fondata sull’amore. Infine l’ultimo passaggio. Il brano del Vangelo ci dice che la relazione tra Gesù-Pastore e le pecore-discepoli non è chiusa in sé stessa, ma si allarga a quella trinitaria con il Padre. Il testo sembra affermare che ciò che conta è che sia stato il Padre ad affidare le pecore a Gesù: su questo fondamento esse stanno sicure nelle sue mani. Come in tutto il Vangelo di Giovanni, anche qui si afferma che il fondamento della relazione tra Gesù e i suoi discepoli è la relazione esistente tra Gesù e il Padre. Avviene come un’identificazione della mano del Figlio e della mano del Padre. I discepoli sono sicuri nella mano del Figlio, perché in essa si rende presente la mano del Padre. Anche in questo tratto del brano del Vangelo di questa domenica andiamo al cuore della teologia della sinodalità. È infatti nella comunione trinitaria che la comunità dei discepoli e delle discepole del Signore Gesù scopre il proprio modello e la fonte della sua esistenza. Il documento della Commissione Teologica Internazionale afferma: «la Chiesa partecipa, in Cristo Gesù e mediante lo Spirito Santo, alla vita di comunione della SS.ma Trinità destinata ad abbracciare l’intera umanità» (n. 43). Cari fratelli e sorelle, qui a Pompei sono custodite quelle realtà che troviamo nel brano del Vangelo di questa domenica e che sono gli ingredienti fondamentali del percorso sinodale che stiamo vivendo: la preghiera e la carità. Ma c’è un’altra «custode» di questi doni e che è immagine della Chiesa: Maria, qui venerata come Vergine del Rosario. Maria è «donna sinodale» perché Vergine dell’ascolto e della tenerezza. In lei contempliamo la Chiesa Madre e Sposa chiamata a dare una moltitudine di figli al Figlio Sposo morto e risorto. Rinnovare la supplica alla Madonna di Pompei in questo anno non può non farci pensare a tante realtà. La supplica è nata in riferimento alla vita della Chiesa e del mondo: è portare davanti a Gesù, attraverso Maria, «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono» (GS 1). Come posso non ricordarmi dei tanti pellegrini, anche quelli che pensano che siano “fuori” del recinto della Chiesa ma fuori non sono, che oggi hanno i loro occhi bagnati fissi sull’icona della Regina del Santo Rosario! Allora oggi, nella supplica a Maria, Vergine del Rosario, non possiamo non portare «le gioie e le speranze» del percorso sinodale che stiamo vivendo e che il Santo Padre ci invita costantemente a percorrere con slancio e fiducia, lasciandoci guidare da Maria «donna sinodale». Ma poi non possiamo non portare davanti al «cuore di madre» della Vergine Maria «le tristezze e le angosce» della guerra, della violenza e dell’odio che insanguinano oggi l’Europa e tante altre parti del Mondo. Davanti alla Vergine Maria portiamo quindi il popolo dell’Ucraina e tutti coloro che oggi soffrono, scommettendo sull’umanità, come ci ricorda l’intuizione originaria di Pompei. Anche Dio ha scommesso sull’umanità e continua a farlo. Per intercessione di Maria, chiediamo anche noi di essere imitatori di Dio, capaci di scommettere su un’umanità capace di costruire e difendere la pace. Qualcosa ci lega tutti molto profondamente, Siamo fratelli tutti, accolti da Maria. Tutti sotto il suo manto materno!
 
Cardinale Mario Grech
 
Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi

"Ottobre 2022" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza Lazzaro You

La misericordia di Dio può cambiare i cuori
Papa Francesco, all’Angelus, dopo un lungo e accorato appello per la pace in Ucraina, si è unito spiritualmente ai fedeli riuniti nella Città mariana esortando tutti a confidare nella misericordia di Dio e nell’intercessione materna della Regina della pace. La Supplica della prima domenica del mese del Rosario è stata presieduta dal Cardinale Lazzaro You Heung-sik, Prefetto del Dicastero per il Clero, che ha invocato la costruzione di un mondo dove l’economia non uccide, il dialogo è portato avanti senza riserve e la fraternità non ha confini.
«Confidiamo nella misericordia di Dio, che può cambiare i cuori, e nell’intercessione materna della Regina della pace, nel momento in cui si eleva la Supplica alla Madonna del Rosario di Pompei, spiritualmente uniti ai fedeli radunati presso il suo Santuario e in tante parti del mondo». Sono le parole che Papa Francesco ha pronunciato il 2 ottobre scorso, in piazza San Pietro, durante l’Angelus, proprio nel momento in cui, sul sagrato del Santuario di Pompei, si elevava la Supplica della prima domenica del mese del Rosario, nella quale la preghiera composta dal Beato Bartolo Longo è recitata solennemente.
La S. Messa in occasione della Supplica è stata presieduta dal Cardinale Lazzaro You Heung-sik, Prefetto del Dicastero per il Clero, e concelebrata dall’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo; da Monsignor Gennaro Pascarella, Vescovo di Pozzuoli e di Ischia, con il Vescovo ausiliare Monsignor Carlo Villano; dall’Arcivescovo Monsignor Luigi Travaglino, Nunzio apostolico emerito; e da numerosi sacerdoti. Il tema della pace è stato centrale nell’omelia del Porporato, originario della Corea del Sud, che, riferendosi alla Prima Lettura (Ab 1,2-3;2,2- 4), poco prima proclamata, ha messo in rapporto i tempi del Profeta Abacuc, caratterizzati da ingiustizia, prepotenza, violenza, con quelli odierni non meno complessi. Abacuc, però, testimonia una fede granitica e non si stanca mai di pregare, certo delle promesse di Dio. Un esempio anche per l’uomo contemporaneo che può cadere nella tentazione di lasciarsi prendere dalla rassegnazione quando, pur pregando, non vede la realizzazione piena della giustizia o il raggiungimento della pace.
Quella di Abacuc è la stessa fede radicale del Beato Bartolo Longo, Fondatore del Santuario. Proprio il 1° ottobre, come raccontano le pagine di questo numero de “Il Rosario e la Nuova Pompei”, ha avuto inizio l’Anno Giubilare Longhiano, un grande evento ricco di appuntamenti organizzati per celebrare il 150° anniversario dell’arrivo del Fondatore del Santuario e delle Opere di Carità nella Valle di Pompei che lo stesso Beato definì “desolata”. C’è tanto da fare e i credenti sono chiamati a non avere paura, ad essere collaboratori di Dio con l’aiuto di «Maria, stella dei naviganti e dei viandanti nel pellegrinaggio della vita». Il rito è stato introdotto dal saluto dell’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, che, nell’accogliere il Cardinale Lazzaro You, ha ricordato come le celebrazioni del 150° anniversario, offrano il tempo per approfondire la riflessione sulla figura del Beato e comprenderne la grande attualità.
Il Beato parlava agli uomini del suo tempo, ma parla a tutti noi ancora oggi. Le celebrazioni sono anche tempo propizio per comprendere che ogni devoto è chiamato a seguire l’esempio del Beato cercando di metterlo in pratica proprio come si fa, ancora oggi, nelle Opere di carità del Santuario. E il fondamento di ogni opera è sempre la preghiera del Rosario. Proprio nel 2022 si celebra anche il XX anniversario della Lettera Apostolica “Rosarium Virginis Mariae”, con la quale, il 16 ottobre 2002, San Giovanni Paolo II volle rilanciare questa grande preghiera mariana, vero e proprio itinerario verso Cristo. Alle migliaia di fedeli, presenti sul sagrato della Basilica, si sono unite centinaia di migliaia di persone che hanno seguito il rito in televisione, grazie alle emittenti Tv2000 e Canale 21.

       

(Autore: Giuseppe Pecorelli)
Le parole dell’Arcivescovo Tommaso Caputo
 
Da Pompei un messaggio di concordia tra le nazioni
 
Eminenza Rev.ma, Carissimo Cardinale Lazzaro You, la ringrazio di cuore per aver accettato l’invito a presiedere la solenne celebrazione di oggi, con la Santa Messa e la recita della Supplica alla Madonna di Pompei. Lo scorso anno, Papa Francesco ha chiamato in Vaticano Vostra Eminenza dalla Sua patria, la Corea, per affidarLe la cura di tutti i sacerdoti del mondo, come Prefetto del Dicastero per il Clero. Lei è stato più volte in questo Santuario. Oggi vi ritorna da Cardinale, dopo il Concistoro del 27 agosto scorso. Il Suo profondo amore alla Madonna è impresso anche nel Suo stemma episcopale. Assieme a Lei saluto i confratelli vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose, il Sindaco e le altre distinte autorità civili e militari, e tutti i fedeli e i pellegrini presenti. Un saluto speciale va a tutti coloro che ci seguono attraverso la televisione, specie agli ammalati, agli anziani, ai detenuti e alle persone diversamente abili. Questa celebrazione vuole anche aprire solennemente la memoria dell’evento fondante la storia della Nuova Pompei: il 150° anniversario dell’arrivo di Bartolo Longo, con l’illuminazione interiore che cambiò per sempre il volto di questa Valle. Il 2 ottobre 1872, dopo la sua conversione, il giovane avvocato Bartolo Longo venne a Valle di Pompei, incaricato dalla Contessa De Fusco di curare l’amministrazione dei suoi terreni. Alcuni giorni dopo, mentre si aggirava per questi luoghi, all’epoca ben poco ospitali, ripensava agli errori commessi e si chiedeva come avrebbe potuto ottenere la salvezza, quando ebbe un’illuminazione interiore: «Se cerchi salvezza, propaga il Rosario. È promessa di Maria. Chi propaga il Rosario è salvo!».
Colpito da quelle parole, egli stabilì di non muoversi da Pompei finché non avesse propagato il Rosario. L’impegno preso da Longo non ha una pregnanza solo religiosa. Certo, la preghiera e, in particolare, la preghiera del Rosario è essenziale; ma proprio in forza della preghiera del Rosario, egli ha trasformato questa terra anche sotto l’aspetto sociale, economico, civile. Intorno al Santuario cominciò a svilupparsi una vera e propria Città. Egli parlava ai contemporanei e continua a parlare a noi oggi. Perciò vogliamo celebrare il 150° anniversario del suo arrivo a Pompei, ricordandone, per un anno intero, la figura e le opere e coinvolgendo i devoti della Madonna di Pompei nel mondo. Non è un evento locale, ma universale. Questa Città mariana guarda al mondo per veicolare, in un tempo difficile, un messaggio di pace e di concordia tra i popoli. E, per questo anniversario, Papa Francesco, ha concesso ai fedeli che verranno a Pompei il dono dell’indulgenza plenaria dal 1° ottobre 2022 fino alla fine di ottobre 2023.
Desideriamo, altresì, vivere il 150° come un’occasione per fare nostra la missione di Bartolo Longo, ognuno per la sua parte: diffondere il Rosario e tenere vivo l’impegno di carità. Qui in Piazza sono presenti alcuni responsabili e ospiti delle nostre opere sociali. Nei giorni scorsi abbiamo accolto 160 bambini e ragazzi nei Centri Diurni, mentre nella Mensa “Papa Francesco” i nostri poveri, che per tutto il tempo della pandemia hanno ritirato il pasto caldo da asporto, sono tornati a sedersi a tavola per consumare assieme il pranzo; è ripreso anche il servizio docce, barbiere e parrucchiere. Nelle case famiglia sono arrivati diversi bambini provenienti da situazioni difficili e ora respirano un clima di amore e di generosità, per la pace!” Carità e fede. Erano questi i capisaldi della vita dell’apostolo del Rosario, Bartolo Longo, e ancora oggi guidano il cammino della Chiesa di Pompei. Per questo ricorderemo con gioia, con un convegno, anche il 20° anniversario della Lettera Apostolica “Rosarium Virginis Mariae”, con la quale, il 16 ottobre 2002, San Giovanni Paolo II volle rilanciare il Santo Rosario. Questa preghiera mariana è un vero e proprio itinerario verso Cristo che, mentre ci fa riflettere sulle tappe della Sua vita terrena, ci aiuta a mettere in pratica i Suoi Insegnamenti.
Il Santo Rosario è il fondamento stesso del nostro Santuario, secondo l’illuminazione interiore udita da Bartolo Longo: «Se cerchi salvezza, propaga il Rosario. È promessa di Maria. Chi propaga il Rosario è salvo!». Nella Supplica, che reciteremo al termine della santa Messa, Bartolo Longo definiva il Rosario, «Catena dolce che ci rannodi a Dio, vincolo di amore che ci unisci agli Angeli, torre di salvezza negli assalti dell’inferno, porto sicuro nel comune naufragio». Restiamo allora tutti uniti, laici e presbiteri, religiosi e famiglie, pompeiani e devoti della Madonna nel mondo intero, restiamo uniti grazie a questa catena d’amore che ci rannoda a Dio e ci fa fratelli! Benvenuto, Eminenza!
Tommaso Caputo
Arcivescovo-Prelato e Delegato Pontificio
L’omelia del ✠ Cardinale Lazzaro You Heung-sik
Prefetto del Dicastero per il Clero
 
“Non stanchiamoci di pregare per la pace!”
 
Carissimi fratelli e sorelle, è con senso di profonda gratitudine che ho accolto l’invito dell’Arcivescovo Tommaso Caputo, a presiedere questa celebrazione e a condividere con voi tutti l’Ora del Mondo. Così il Beato Bartolo Longo definiva la recita solenne della Supplica alla Beata Vergine del Santo Rosario, «Augusta Regina delle Vittorie, Sovrana del Cielo e della Terra». Sono molto lieto di trovarmi nuovamente in questo splendido santuario mariano, centro mondiale di spiritualità, luogo di pellegrinaggio anche per tanti miei connazionali che, dalla lontana Corea del Sud, vengono a Pompei per raccogliersi in preghiera davanti al Trono di Maria, come ho fatto io, già tante volte. Desidero salutare i confratelli Vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose, il Sindaco e tutte le autorità civili e militari, i fedeli presenti e quelli lontani, che sono spiritualmente accanto a noi, grazie ai collegamenti televisivi e alle dirette streaming. Saluto in modo speciale chi è più vicino a Gesù nella sofferenza fisica o morale.
Sappiate che non siete soli e oggi, in modo speciale, pregheremo proprio per voi la Madonna, pensando che Gesù ha riposto nelle sue mani «tutti i tesori delle Sue grazie e delle Sue misericordie». 1. Le parole del profeta Abacuc, appena ascoltate nella Prima Lettura, sembrano raccontare il nostro tempo. Sappiamo poco di questo portavoce di Dio, considerato “profeta minore”, ma solo per la brevità dei suoi scritti e non per il loro valore. È probabile, secondo i biblisti, che sia vissuto intorno al VII secolo prima di Cristo.
Descrive l’ingiustizia del suo tempo, i tratti di un’umanità dominata da prepotenza, violenza, ingiustizia: una valle oscura nella quale l’uomo si sente solo, impotente, spaventato. Anche il Signore sembra silenzioso rispetto a quel dolore, a quella preghiera accorata che chiede aiuto. Il giusto chiede ragione a Dio dell’iniquità e della violenza del mondo: perché tutto questo, perché il male, perché la guerra? E così noi, oggi, possiamo chiedere: perché questa guerra fratricida in Ucraina? Perché la guerra in Siria e in tanti altri posti? Perché tanta ingiustizia nel mondo, tanta povertà, tanta fame? Perché il rischio di un conflitto atomico? «Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti», domanda Abacuc, il quale non cede alla tentazione di perdere la propria fede, anzi la rafforza. Il profeta continua a pregare, malgrado le sue implorazioni sembrino cadere nel vuoto e non trovare ascolto. «Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede», gli promette il Signore. Non vediamo forse oggi la stessa prepotenza, la stessa violenza, la stessa ingiustizia? Non stanchiamoci di pregare per la pace, come ci esorta spesso Papa Francesco, per un’economia che non uccide, per un dialogo senza riserve e perché la fraternità non abbia confini.
La pandemia, le guerre, le ricchezze nelle mani di pochi e la miseria di tanti. Sono molte, in apparenza, le ragioni per arrendersi, ma il Signore ci dice di continuare ad avere fiducia in Lui, di continuare a pregare, di avere occhi per vedere che, malgrado tutto, Egli è presente e cammina accanto a noi rivelandosi nella Santissima Eucarestia, ma anche nella carità, nella speranza in un mondo nuovo, nell’amore familiare, nell’amicizia autentica. Egli è presente e visibile ogni qual volta le nostre ginocchia si piegano accanto ai nostri fratelli che chiedono aiuto. Nello sguardo dei poveri sono infatti gli occhi di quel Dio, che ci ama e ci dà segno della sua presenza nel mondo.
Come un albero che stende le sue radici fino alle profondità della terra, così Abacuc ha fede, una fede che plasma tutta la sua persona e il suo agire. È la stessa fede che ha dato forza e linfa vitale all’opera di Bartolo Longo, fondatore del Santuario e delle sue Opere di carità. Centocinquant’anni fa, in un tempo altrettanto segnato da conflitti, ingiustizie e miseria, il giovane avvocato arrivò a Valle di Pompei, abitata da pochi poveri contadini la cui esistenza era resa difficile dalla fatica, dalla malaria e dai briganti. Nell’ottobre 1872, mentre camminava lungo i sentieri di questa terra, sentì un’ispirazione interiore, che gli diceva: «Se cerchi salvezza, propaga il Rosario».
Quella diventò la sua prima ragione di vita. Senza la preghiera, che dà testimonianza alla fede, ogni desiderio di bene vacilla, così come il nostro passo è debole e noi siamo fragili senza la mano materna di Maria, che ci accompagna. Se il Beato si fosse affidato alle sue sole forze oggi non saremmo qui, uno accanto all’altro, a pregare la Vergine nel suo Santuario, né ci sarebbero, intorno a noi, Opere di carità dalle porte sempre aperte ai poveri.
D’altra parte, è evidente che tutto ciò che oggi vediamo qui a Pompei non può che essere opera di Dio che, per realizzare il bene, cerca la collaborazione dell’uomo, il quale deve farsi docile strumento nelle Sue mani. Ne era ben consapevole il Beato Bartolo, che – fedele alla Parola di Dio – alla fine della sua giornata continuò a ritenersi un servo inutile, pronto a dire: «Ho fatto quanto dovevo fare». Più umili ci facciamo, più grandi diventiamo agli occhi di Dio, che stravolge ogni regola e convenzione umana. Dinanzi alle tante ed inevitabili difficoltà, che lungo il percorso di noi tutti non mancano mai, Bartolo Longo pregò con il Rosario tra le mani. Nei pericoli, nelle afflizioni, nelle calamità, nel mondo traviato, il Beato ebbe una sola risposta, un nome beatissimo, che pronunceremo sino all’ultimo istante della nostra vita: Maria! Quel nome soave, che per noi ha la stessa melodia della parola “mamma”, è già in sé una preghiera che ci consola e ci solleva fino a mostrarci il Cielo.
 
2. Quanto è grande il dono della fede che, col salmista, ci fa cantare: «Acclamiamo la roccia della nostra salvezza. Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia» (Sal 94, 1-2). È un bene prezioso che, come esorta San Paolo nella Seconda Lettura, siamo chiamati a custodire. Credere, però, non ci impedisce di vedere la realtà della vita, talvolta difficile e molto dura da accettare.
Il cuore di un credente è scosso da alcune domande: perché il Signore tace? Perché accadono le tragedie umane? Fino a quando il malvagio sembrerà prevalere sui propri fratelli? Sarebbe difficile trovare una risposta a queste domande se non credessimo che, alla fede, si accompagna sempre la speranza, che ci sostiene nei tempi difficili. Nell’Udienza Generale del 26 maggio 2021, Papa Francesco parlava di un’esperienza comune, che tutti noi abbiamo vissuto. Diceva il Santo Padre: «Abbiamo pregato, pregato, per la malattia di questo amico, di questo papà, di questa mamma e poi se ne sono andati, Dio non ci ha esauditi». Tante volte ancora abbiamo pregato senza che nulla sia avvenuto, ma poi, con il trascorrere del tempo, tutto si è sistemato nel modo scelto da Dio. Nel “Padre Nostro”, ricordava il Papa, chiediamo che non si realizzi «il nostro progetto, ma la sua volontà nei confronti del mondo. Meglio lasciar fare a Lui». La nostra speranza si fonda sulla certezza che il Signore ci ascolta sempre e ci ama, ci ascolta perché ci ama e, amandoci, ci ha destinati alla vita in pienezza e alla gioia che non ha mai fine. Sta a noi ascoltare la sua voce e seguirlo per la strada che ha pensato per noi. Nel Messaggio per la 59ª Giornata Mondiale per le Vocazioni, Papa Francesco ha ricordato che Dio «in ciascuno di noi vede delle potenzialità, talvolta ignote a noi stessi, e durante tutta la nostra vita opera instancabilmente perché possiamo metterle a servizio del bene comune. La vocazione nasce così, grazie all’arte del divino Scultore che, con le sue “mani” ci fa uscire da noi stessi, perché si stagli in noi quel capolavoro che siamo chiamati a essere. In particolare, la Parola di Dio, che ci libera dall’egocentrismo, è capace di purificarci, illuminarci e ricrearci. Mettiamoci allora in ascolto della Parola, per aprirci alla vocazione che Dio ci affida! E impariamo ad ascoltare anche i fratelli e le sorelle nella fede, perché nei loro consigli e nel loro esempio può nascondersi l’iniziativa di Dio, che ci indica strade sempre nuove da percorrere».
Noi sacerdoti possiamo essere davvero un formidabile esempio e modello per tanti giovani, solo grazie alla personale testimonianza di vita e alla concordia che deve caratterizzare il nostro presbiterio. 3. Nel brano del Vangelo secondo Luca, oggi proclamato, vediamo gli apostoli che chiedono a Gesù di accrescere la loro fede. La risposta del Signore fa comprendere la grandezza di un dono che siamo chiamati ad accogliere: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe» (Lc 17, 6-7). Carissimi fratelli e sorelle, questo mese di ottobre è il mese missionario. Ci ricorda che la fede è un talento prezioso da trafficare con coraggio per il bene degli altri. Abbiamo ricevuto il dono dell’Amore di Dio non soltanto per noi, ma per comunicarlo, con fantasia e con creatività. È il momento opportuno per mettersi in cammino, di dare ascolto alle parole che Gesù rivolse a Pietro, Giacomo e Giovanni nel Getsemani: «Alzatevi, andiamo!» (Mc 14, 42). Alziamoci e andiamo nelle strade delle nostre città! Il mondo ha bisogno della nostra fede operosa. Ovunque, a cominciare dalla nostra interiorità e dalle nostre famiglie, c’è pace da donare e ci sono lacrime da asciugare, ferite da curare, porte da aprire a Cristo e ai fratelli. Abbiamo fede: possiamo farlo! Non sempre il nostro passo sarà sicuro, saldo, ma proprio allora, quando sentiamo la nostra fragilità e l’imperfezione della nostra fede, rivolgiamoci al Signore con le parole degli apostoli: «Signore, accresci in noi la fede!» (Lc 17, 6).
Non abbiamo paura! Una stella ci guida ed è Maria, stella dei naviganti e dei viandanti nel pellegrinaggio della vita. Come Bartolo Longo, avviciniamoci a Lei con fiducia e apertura del cuore e Lei ci porterà a Gesù. Trasformiamo il nostro cuore in un calice vuoto e pronto ad accogliere il dono di Dio. All’annuncio dell’Angelo, Maria ha avuto timore e forse un leggero tremore ha mosso le sue membra, ma la sua voce è stata salda nel dire il suo “eccomi”, “fiat”, quel “sì” che lei ha ripetuto ogni giorno, nella gioia e nel dolore, nella luce e nell’oscurità, fino al Golgota, ai piedi della croce, e all’effusione dello Spirito nel Cenacolo. Carissimi fratelli e sorelle: anche noi, alziamoci e andiamo!
 
✠ Cardinale Lazzaro You Heung-sik
 
Prefetto del Dicastero per il Clero

"Maggio 2023" L'Ora del Mondo
Presiede il Cardinale Matteo Maria Zuppi

L’8 maggio il Cardinale Matteo Maria Zuppi ha presieduto la Messa e la recita della Supplica. L’Arcivescovo di Bologna, Presidente della CEI, ha invocato la Regina della pace e ha chiesto ai cristiani, che non sono uomini e donne “fuori dalla storia”, di lavorare ogni giorno per la concordia universale. Il 28 aprile, diecimila studenti di Pompei e dei comuni vicini avevano animato la XXV Marcia della Pace lungo via Sacra, in Piazza Bartolo Longo e nel Piazzale “San Giovanni XXIII”
*Un’invocazione corale alla pace universale
L’8 maggio il Cardinale Matteo Maria Zuppi ha presieduto la Messa e la recita della preghiera composta dal Beato Bartolo Longo. L’Arcivescovo di Bologna, Presidente della CEI, ha invocato la Regina della pace e ha chiesto ai cristiani, che non sono uomini e donne “fuori dalla storia”, di lavorare ogni giorno per la pace entrando così «nelle pieghe della vita vera» scendendo «nei problemi per cercare lì la presenza del Signore». Il giorno precedente, al termine del “Regina Caeli” domenicale in Piazza San Pietro, anche Papa Francesco si era unito spiritualmente alla Supplica chiedendo a tutti di pregare intensamente il Santo Rosario per la pace
Una corale e accorata invocazione alla pace universale si è elevata, nella mattina dell’8 maggio, dal sagrato del Santuario di Pompei, dove il Cardinale Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha presieduto la Santa Messa e la Supplica alla Madonna del Rosario. La ferialità del lunedì e la pioggia non hanno fermato migliaia di devoti che hanno raggiunto, in molti casi a piedi, la Basilica mariana per rinnovare la propria devozione.
Significativa anche la partecipazione alla lunga veglia notturna terminata all’alba. Alla vigilia, domenica 7 maggio, lo stesso Papa Francesco, nel “Regina Caeli” in piazza San Pietro, aveva voluto unirsi spiritualmente: «Domani – ha detto il Santo Padre – a Pompei sarà elevata la tradizionale Supplica alla Madonna del Rosario, in quel Santuario che il Beato Bartolo Longo volle dedicare alla pace. In questo mese di maggio preghiamo il Rosario chiedendo alla Vergine Santa il dono della pace, in particolare per la martoriata Ucraina.
Possano i responsabili delle Nazioni ascoltare il desiderio della gente che soffre e vuole la pace!». Il giorno successivo, sul proprio profilo Twitter, il Santo Padre ha pubblicato un post nel quale, ricordando la Supplica, ha ripreso l’esortazione a pregare per la concordia universale.
Ed il tema della pace è stato tema centrale nell’omelia del Cardinale Zuppi, che riprendiamo integralmente nelle pagine successive di questo numero del periodico, così come lo è nell’agenda della Chiesa italiana. «Supplichiamo – ha esordito il Presidente della CEI – con l’insistenza della povera vedova che cerca giustizia da quel terribile giudice iniquo, spietato che rende spietati, che è la guerra. La volontà di Dio è un mondo di pace. Senza pace non c’è vita. Maria, Madre di Dio e madre nostra, ci ricorda che siamo fratelli tutti perché per lei tutti sono figli». Il Cardinale è stato accolto nella Città mariana dall’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, che ha ricordato l’impegno del Santuario per la diffusione della fede, la propagazione del Santo Rosario e la pace.
Un impegno concreto edificato sulle Opere di carità e la solidarietà verso i più fragili. Tra l’altro, al termine del rito, il Prelato ha accompagnato il Cardinale Zuppi nella visita alle Opere di carità, segno concreto della premura per chi vive la fragilità in ogni sua forma. La Santa Messa è stata concelebrata da numerosi Vescovi: Monsignor Antonio Di Donna, Vescovo di Acerra e Presidente della Conferenza Episcopale Campana; Monsignor Domenico Battaglia, Arcivescovo di Napoli, con il Vescovo ausiliare Monsignor Michele Autuoro; Monsignor Vincenzo Calvosa, Vescovo eletto di Vallo della Lucania; Monsignor Antonio De Luca, Vescovo di Teggiano-Policastro; Monsignor Pietro Lagnese, Vescovo di Caserta; Monsignor Giuseppe Mazzafaro, Vescovo di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata dei Goti; Monsignor Mario Milano, Arcivescovo-Vescovo emerito di Aversa; Padre Michele Petruzzelli, Abate ordinario della Santissima Trinità di Cava de’ Tirreni; Monsignor Angelo Spinillo, Vescovo di Aversa; Monsignor Luigi Travaglino, Nunzio apostolico emerito; Monsignor Carlo Villano, Vescovo ausiliare di Pozzuoli; Monsignor Salvatore Visco, Arcivescovo di Capua.
Alle migliaia di fedeli, presenti sul sagrato dela Basilica, si sono unite centinaia di migliaia di persone che hanno seguito il rito in diretta, grazie alle emittenti Tv2000 e Canale 21 e ai rispettivi siti, e sui social network. (Autore: Giuseppe Pecorelli)
*Le parole dell’Arcivescovo Tommaso Caputo
Impegniamoci a mettere in pratica il Santo Rosario
Eminenza Reverendissima, benvenuto a Pompei! Benvenuto in questa città straordinaria, dove fede, carità e cultura si intrecciano in modo mirabile. La ringrazio di cuore per aver accettato di presiedere la Santa Messa e la recita della Supplica alla Vergine del Santo Rosario. Attraverso di Lei, Presidente dalla Conferenza Episcopale Italiana, sentiamo presente qui tutta la Chiesa Italiana, che oggi, “in questo giorno solenne”, certamente si unisce a noi, nella preghiera “alla più tenera tra le madri”.
In tutta la nostra Nazione è, infatti, molto viva la devozione alla Madonna di Pompei. Anche il nostro amato Papa Francesco è in unione di preghiera con noi. Ieri, durante il Regina Caeli, ha rivolto, come sempre, un pensiero a Pompei, con queste parole: «Domani a Pompei sarà elevata la tradizionale Supplica alla Madonna del Rosario, in quel Santuario che il Beato Bartolo Longo volle dedicare alla pace.
In questo mese di maggio preghiamo il Rosario chiedendo alla Vergine Santa il dono della pace, in particolare per la martoriata Ucraina. Possano i responsabili delle Nazioni ascoltare il desiderio della gente che soffre e vuole la pace!». Siamo profondamente grati al Santo Padre e gli assicuriamo la nostra costante preghiera!
Ad accoglierLa, Eminenza, assieme a me, agli innumerevoli pellegrini giunti dall’Italia e dall’estero, al Sindaco di Pompei, alle distinte autorità civili e militari, ai numero si sacerdoti, religiose e religiosi, ci sono quasi tutti i fratelli nell’episcopato della Campania, a esprimere l’unità della Chiesa nella nostra regione attorno a Lei. Stiamo vivendo il Cammino Giubilare Longhiano, nel 150° anniversario dell’arrivo a Pompei di Bartolo Longo e della sua illuminazione interiore: «Se cerchi salvezza, propaga il Rosario!», che ci impegniamo a fare nostra: essere convinti Apostoli del Rosario.
Non solo pregarlo e farlo pregare, ma metterlo in pratica, con l’amore a Dio e ai fratelli, soprattutto i più bisognosi, nei quali riconosciamo Cristo stesso. In questo, Lei, Eminenza, può farci da guida, perché da anni si dedica al servizio di fratelli in difficoltà, spendendosi in prima persona per la pace, la concordia, la promozione umana. Come ha ricordato Papa Francesco, proprio alla pace, il nostro Fondatore dedicò la Facciata davanti alla quale stiamo vivendo questa celebrazione. Tra poco pregheremo per la pace in tutto il mondo e in particolare in Ucraina, e il mio saluto più caro va ai fedeli ucraini che qui a Pompei si radunano per le loro liturgie, da oltre 15 anni, e che sono presenti numerosi, tra di noi, con il loro Cappellano.
A Pompei, da circa 130 anni, seguendo l’ispirazione del Beato Bartolo Longo, attorno a questo santuario della fede è presente il santuario della carità per accogliere, nel nome di Cristo, l’umanità ferita: bambini e adolescenti, provenienti da contesti di disagio sociale nei Centri “Beata Vergine” e “Bartolo Longo”; donne sole e i loro bambini a Casa Emanuel; i più poveri tra i poveri nella Mensa “Papa Francesco”; neonati, giovani e adulti nelle cinque Case Famiglia del Centro “Giovanni Paolo II”. Eminenza, nel rinnovare il più sentito ringraziamento, assicuriamo preghiere per Lei e per il Suo ministero, affidandoLa all’intercessione della Vergine del Santo Rosario, alla quale noi tutti tra poco ci rivolgeremo con la Supplica per impetrare “le sospirate grazie”. Benvenuto, Eminenza!
                                                                             Tommaso Caputo
                                                                  Arcivescovo-Prelato e Delegato Pontificio
*L’omelia del Cardinale Matteo Maria Zuppi
La forza straordinaria dell’amore contro l’orrore della guerra
Papa Francesco ieri ci ha indicato un compito, in unione come sempre con tutta la Chiesa: alzare da questa casa di Maria, casa di preghiera e di carità, di fede e di amore, la supplica alla Madonna del Rosario che il Beato Bartolo Longo volle dedicare alla pace. Siamo sincronizzati, in diversi luoghi ma con la stessa preoccupazione e ripetendo le stesse parole. Supplichiamo con l’insistenza della povera vedova che cerca giustizia da quel terribile giudice iniquo, spietato che rende spietati, che è la guerra. La volontà di Dio è un mondo di pace. Senza pace non c’è vita. Maria, Madre di Dio e madre nostra, ci ricorda che siamo fratelli tutti perché per lei tutti sono suoi figli. Caino non ha riconosciuto suo fratello, non ha imparato a dominare il suo istinto, anzi si è lasciato guidare da questo, non ascoltando la voce di Dio che pure continua a parlare! La guerra è questo istinto e ha sempre un’incubazione: cresce con la rassegnazione di fronte ai problemi, con il cinismo di rimandarli e fare finta che non esistano, con i terribili interessi economici che spingono gli uomini a costruire lance invece di falci, a distruggere i granai e costruire follemente nuovi arsenali e nuovi ordigni per distruggersi. Sento oggi questa casa e questa piazza accogliere tutta questa enorme sofferenza; la facciamo nostra e la presentiamo, con Maria, al Signore. La supplica esprime l’attesa della creazione che soffre e grida la pace.
Pompei ci insegna un amore universale, perché casa di Maria, madre di Dio venuto per tutti, che insegna ad amare tutti e che protegge i suoi piccoli, gli affamati, assetati, nudi, malati, carcerati, forestieri. Quando cerchiamo Maria, la troviamo sempre sotto la croce del suo Figlio Gesù e sotto le croci di ognuno dei suoi figli, quelli che Gesù stesso ha affidato a lei e a noi. E la vediamo madre addolorata sotto la nostra croce, ci darà consolazione. Stando con Lei capiamo di più la guerra. A volte siamo come la folla che osserva quel povero uomo appeso sulla croce, non contemplando Gesù ma solo uno sconosciuto, un numero, uno “senza volto”, un nemico, un corpo. Vediamo la sofferenza con gli occhi della madre! Maria è la prima che sotto la croce supplica che venga presto la resurrezione della pace, della guarigione, della luce che vince le tenebre, della vita che trionfa nel suo duello contro la morte. Sessanta anni fa, San Giovanni XXIII disse: «Possano i responsabili delle Nazioni ascoltare il desiderio della gente che soffre e vuole la pace!».
Come vicario umile e indegno di colui che è il Principe della pace (Cf. Is 9,6), sentiva il “dovere di spendere tutte le nostre energie per il rafforzamento di questo bene” (Pacem in terris, 90). Sono anche le nostre parole, spendiamo anche noi tutte le nostre energie per il rafforzamento di questo bene. Il Papa buono implorava: “Allontani egli dal cuore degli uomini ciò che la può mettere in pericolo; e li trasformi in testimoni di verità, di giustizia, di amore fraterno.
Illumini i responsabili dei popoli, affinché accanto alle sollecitudini per il giusto benessere dei loro cittadini garantiscano e difendano il gran dono della pace; accenda le volontà di tutti a superare le barriere che dividono, ad accrescere i vincoli della mutua carità, a comprendere gli altri, a perdonare coloro che hanno recato ingiurie; in virtù della sua azione, si affratellino tutti i popoli della terra e fiorisca in essi e sempre regni la desideratissima pace” (Pacem in terris, 91).
Ecco le parole della nostra supplica. Qualche volta restiamo a fissare il cielo per non guardare la durezza della realtà, incerti di fronte a tanta manifestazione del male, pensando che la fede e la speranza siano possibili solo in un mondo lontano invece di viverle in questo minaccioso com’è. L’angelo ci scuote sempre. Il cristiano non è un uomo fuori dalla storia. Anzi: in un mondo dimentico e volatile, che fugge dalle responsabilità e non ha visioni, il cristiano entra nelle pieghe della vita vera, scende nei problemi per cercare lì la presenza del Signore e perché le piaghe trovino guarigione. Oggi siamo noi riuniti con Maria, siamo la sua famiglia di discepoli chiamati e mandati, perseveranti e concordi nella preghiera.
Questa ci rende consapevoli dell’amore di Dio e forti di questo, anche perché «chi non ama rimane nella morte». Non c’è via di mezzo. «Chiunque odia il proprio fratello è omicida». Il seme del male è sempre terribile e purtroppo fertile. Ma anche quello dell’amore ha una forza straordinaria! Chi prega è aiutato a dare la vita per i fratelli e ad amare non a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità, perché la verità di Dio è l’amore. «Nulla è impossibile a Dio». Nulla è impossibile a chi crede, se pieno dell’amore di Dio! Non accettiamo la logica di non fare nulla, che spinge a restare a guardare il cielo. Seguiamo Maria, l’umile che compie le cose più grandi, che supplica, che non si abitua al dolore, che vuole guarigione e pace
La supplica ci spinge ad essere operatori, artigiani di pace. Questa casa, di preghiera e di carità, questa città di pace ci viene in aiuto. Qui tutto parla di amore perché, come ha saggiamente scritto il vostro caro Vescovo Tommaso, è “città mariana”, non solo un insediamento ben riuscito, ma un “punto luce proiettato sullo scenario del mondo”. Intorno a questa casa nasce e può sempre rinascere la città degli uomini, perché la fede cambia la vita, restituisce vita e futuro al mondo intero! Basta un granellino di fede! Il mio, il mio seme è l’inizio di un mondo nuovo! Bartolo Longo, laico, innamorato di Maria, costruisce una città non più spenta e nascosta dalla cenere del male, ma una “Nuova Pompei”, dove il più debole trova accoglienza e speranza.
Longo coinvolgeva tanti umili e forti: Giuseppe Moscati, fra Ludovico da Casoria, Caterina Volpicelli, don Pasquale Uva, don Carlo de Cardona, don Francesco Mottola. La santità è frutto di santità e trasmette santità, strada per costruire qualcosa di grande, perché santo non è il perfetto ma chi è pieno dell’amore di Dio. Tutti diventiamo più santi se seguiamo l’invito del Beato Longo ad allenarci con la preghiera del rosario. Papa Francesco ricorda che santo è chi si sporca le mani. Nulla è impossibile a chi crede. Lavorare per la pace significa credere che un poco di buono può diventare un uomo buono, come quei tanti poveri figli di detenuti, ergastolani, aiutati a liberarsi dalla condanna – che a volte viene ereditata, come la povertà – e aiutati ad essere sé stessi, perché nessuno nasce perduto, ma si perde perché nessuno se lo carica sulle spalle. Lavorare per la pace significa organizzare tante “ore della misericordia”, come faceva Bartolo Longo.
Nella Valle, ricorda lui stesso, «tutti si riconciliarono e quasi tutti chiesero l’aggregazione alla confraternita di Maria». Sentiamoci parte di questa famiglia. Con il Beato Longo, con Santa Caterina da Siena e San Domenico, usiamo il rosario come «lotta contro il male, contro ogni violenza, per la pace nei cuori, nelle famiglie, nella società e nel mondo», «scuola di contemplazione e di silenzio». Papa Benedetto disse che «questa città, da lui rifondata, è una dimostrazione storica di come Dio trasforma il mondo.
Qui a Pompei si capisce che l’amore per Dio e l’amore per il prossimo sono inseparabili». «Effondiamo – è la supplica – gli affetti del nostro cuore […]. Ti prenda compassione degli affanni e dei travagli dal tuo Figlio […]. Mostrati a tutti quale sei, Regina di pace e di perdono». Gridiamo misericordia! Pace! Nei cuori, tra le nazioni. Tutti concorrano al bene. Si fermi l’orrore della guerra e si cerchi nel dialogo l’unica vittoria della pace. Grazie Maria, Vergine di Pompei, Regina della pace.
                                                                            ✠ Cardinale Matteo Maria Zuppi
                                                                                   Arcivescovo di Bologna
                                                                        Presidente della Conferenza Episcopale Italiana

"Ottobre 2023" L'Ora del Mondo

Presiede Sua Eminenza Monsignor Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana

La Supplica di ottobre e il Rosario per il Sinodo e per la pace
È stato Monsignor Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, a presiedere, domenica 1° ottobre, la Messa e la recita della Supplica sul sagrato del Santuario di Pompei. E mentre, a mezzogiorno, da molti Paesi del mondo si elevava alla Madonna la celebre orazione composta dal Beato Bartolo Longo, Papa Francesco, all’Angelus in Piazza San Pietro, ha esortato a pregare per l’Assemblea del Sinodo dei Vescovi, che ha poi avuto inizio mercoledì 4 ottobre.
Il Santo Padre ha chiesto inoltre di pregare, con il Santo Rosario, per la pace “in Ucraina e in tutte le terre ferite dalla guerra”. Proprio il tema della pace è stato centrale nell’omelia dell’Arcivescovo Baturi, che ha esortato a vivere il “noi” contro ogni esaltazione dell’io.
Una folla straordinaria ha gremito piazza Bartolo Longo, a Pompei, dove il 1° ottobre, sul sagrato del Santuario, si è rinnovata la Festa liturgica della Supplica alla Beata Vergine del Santo Rosario, celebrata in quest’occasione da Monsignor Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, che ha presieduto la Santa Messa e, a mezzogiorno, la recita della celebre preghiera composta, nel 1883, dal Beato Bartolo Longo, Fondatore del Santuario, delle Opere di carità e della Città di Pompei.
E, proprio nel momento in cui da diverse parti del mondo si elevava alla Madonna questa accorata invocazione, Papa Francesco, nel presiedere l’Angelus in Piazza San Pietro, ha esortato a recitare il Santo Rosario con due intenzioni particolari di preghiera. «Oggi inizia il mese di ottobre, il mese del Rosario e delle missioni ha detto il Santo Padre – esorto tutti a sperimentare la bellezza della preghiera del Rosario, contemplando con Maria i misteri di Cristo e invocando la sua intercessione per le necessità della Chiesa e del mondo. Preghiamo per la pace, in Ucraina e in tutte le terre ferite dalla guerra. Preghiamo per l’evangelizzazione dei popoli. E preghiamo per il Sinodo dei Vescovi, che in questo mese vivrà la prima Assemblea sul tema della sinodalità della Chiesa».
Il mondo ha bisogno di Dio e di sua Madre. La Supplica diventa così strumento di affidamento alla Madonna. Lo ha spiegato l’Arcivescovo Baturi nella sua omelia, che riprendiamo integralmente nelle pagine successive di questo numero del nostro periodico. «La Supplica (…) – ha detto – rappresenta e riassume la verità della nostra condizione umana davanti a Dio: tutte le volte in cui davvero diventiamo coscienti di noi stessi e della presenza di Dio non possiamo che supplicare. Siamo mendicanti della misericordia, pellegrini dell’Eterno».
Con la Supplica preghiamo in modo particolare perché Maria interceda per la pace in un mondo dove si vive la drammatica mancanza di concordia tra gli uomini, l’idolatria dell’egoismo, l’insistenza di ragionare con “l’io” e mai col “noi”, l’odio che continua ad uccidere Cristo sulla croce, mentre la pace, per i credenti, è Cristo stesso. Monsignor Baturi è stato accolto nella Città mariana dall’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, che ha ricordato, nel suo saluto, l’impegno del Santuario per l’evangelizzazione, la propagazione del Santo Rosario, la carità. Tutti strumenti di pace vissuti nel carisma del Beato Bartolo Longo, “rilanciato” dall’Anno Giubilare Longhiano, iniziato il 1° ottobre 2022, un anno fa, per ricordare l’arrivo del Fondatore nella Valle pompeiana.
Nel pomeriggio del giorno della Supplica, tra l’altro, Monsignor Baturi ha potuto visitare proprio alcune delle Opere di carità: il Centro Educativo «Beata Vergine», le case famiglia del Centro «Giovanni Paolo II» e «C’entro», lo spazio giovani di Pompei dedicato al Beato Carlo Acutis. Monsignor Baturi, accompagnato da Monsignor Caputo, ha incoraggiato tutti ad andare avanti nell’opera di solidarietà e di sostegno ai “piccoli” nel solco tracciato da Bartolo Longo.
La Santa Messa è stata concelebrata, oltre che da Mons. Caputo, da: Monsignor Andrea Bellandi, Arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno; Mon - signor Mario Milano, Arcivescovo-Vescovo emerito di Aversa; Monsignor Gennaro Pascarella, Ve - scovo emerito di Pozzuoli e di Ischia; Monsignor Luigi Travaglino, Nunzio apostolico; e numerosi sacerdoti.
Alle migliaia di fedeli, presenti sul sagrato della Basilica, si sono unite centinaia di migliaia di persone che hanno seguito il rito in televisione, grazie alle emittenti Tv2000 e Canale 21, e in internet sui rispettivi siti e sui social network.
*Le parole dell’Arcivescovo Tommaso Caputo
Pompei è un grande libro aperto che dobbiamo continuare a scrivere
Eccellenza, caro fratello Monsignor Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, benvenuto a Pompei e grazie per aver accettato di presiedere la Celebrazione della Santa Messa e la recita solenne della Supplica! Accogliamo in Lei tutta la Chiesa Italiana che sta servendo con instancabile dedizione come Segretario Generale, compito molto impegnativo al quale è stato chiamato, poco più di un anno fa, da Papa Francesco. Ci unisce, con Cagliari, sede del Suo ministero episcopale, anche la profonda devozione alla Vergine Maria, a Pompei venerata con il titolo di Madonna del Rosario e nella Sua Arcidiocesi come Nostra Signora di Bonaria. Assieme a Lei, saluto i fratelli Vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i religiosi, le religiose, l’amministrazione comunale della nostra straordinaria Città, con le distinte autorità civili e militari e i tanti fedeli e pellegrini che riempiono questa piazza, provenienti da diverse parti d’Italia e anche dall’estero.
Un pensiero speciale va ai fedeli ucraini che convengono numerosi a Pompe per ricevere conforto e assistenza spirituale. Un saluto particolare, poi, a coloro che ci seguono attraverso la televisione, in modo speciale agli anziani, agli ammalati, ai detenuti e alle persone diversamente abili. Iniziamo oggi il mese di ottobre, dedicato al Santo Rosario, preghiera antica e sempre nuova, che è il fondamento stesso del nostro Santuario. È il Rosario, infatti, che la Vergine indicò a Bartolo Longo come chiave per la salvezza.
È il Rosario che lo ha trasformato in apostolo di Cristo e di Maria, sua Madre, e lo ha reso primo evangelizzatore della nuova Pompei. Poco più di centocinquanta anni fa, ai primi di ottobre del 1872, il giovane avvocato pugliese giunse in questa Valle per amministrare le proprietà della Contessa Marianna Farnararo, vedova De Fusco, che divenne, poi, sua consorte, vera e propria cofondatrice di questo Santuario. Egli, aggirandosi tra le campagne desolate della Valle, era preoccupato per la sua salvezza eterna, a causa del passato allontanamento da Dio. La Vergine parlò al suo cuore: «Se cerchi salvezza, propaga il Rosario». Egli decise, dunque, di non muoversi più da Pompei, comprese la sua vocazione e rispose: «Io mi salverò, perché, non uscirò da questa terra di Pompei senza aver qui propagato il tuo Rosario». “Chi propaga il Rosario è salvo!”.
Sono le parole che il Beato ha messo in pratica in tutta la sua lunga vita e ci sono state di guida nell’Anno Giubilare Longhiano, che stiamo per concludere, con la consapevolezza di dover far fruttare l’eredità lasciataci dal nostro Fondatore. Egli ci ha consegnato Pompei come un grande libro aperto con una splendida storia da rivivere e ancora di più da aggiornare. Una storia fondata su due capitoli essenziali, tra loro intrecciati, il Tempio della fede con il flusso continuo di pellegrini e il Tempio della carità con le Opere in favore della gioventù in difficoltà e dei poveri.
Al centro di tutto: la preghiera del Rosario, di cui, con gli scritti e con l’intera sua opera, in particolare attraverso i Quindici Sabati, ha sviluppato l’anima cristologica e contemplativa. La carità gli ha poi suggerito di accogliere gli orfani, i figli e le figlie dei cerati, e di costruire, attorno al Santuario, le opere sociali, quasi una corona di rose che ancora oggi, a distanza di 150 anni, raccontano alla Città e al mondo la bellezza dell’amore fraterno. Fondò, con la consorte Marianna, le Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei a ministero del Santuario e delle Opere di Carità. Sono con noi in piazza i responsabili, i volontari e gli ospiti dei nostri Centri, i religiosi, le religiose, le famiglie, che si spendono per l’accoglienza di neonati, fanciulli, giovani, anziani, ragazze madri, poveri. Attorno al Santuario e alle sue Opere è sorta questa nuova Città, fondata dal Beato.
Eccellenza, ecco la nostra realtà, viva e vitale, piccola per territorio, ma senza confini grazie ai milioni di pellegrini provenienti da ogni dove e alla vicinanza con il parco archeologico tra i più famosi nel mondo. Oggi, gli innumerevoli devoti della Madonna del Rosario di Pompei si ritrovano in preghiera ad ogni latitudine per la Supplica, per vivere, insieme con lei, quella che Bartolo Longo definiva “L’Ora del Mondo”. Le siamo tutti grati per aver accettato l’invito e, ne sia certo, non mancheremo di affidare la Sua persona e il Suo ministero alla Vergine del Santo Rosario di Pompei. Benvenuto!
Tommaso Caputo Arcivescovo Prelato di Pompei Delegato Pontificio per il Santuario
*L’omelia dell’Arcivescovo Giuseppe Baturi
Mendicanti della misericordia, pellegrini dell’Eterno
Esprimo innanzitutto gioia per essere qui, in questa ora del mondo in cui tutti guardano a Pompei e, attraverso Pompei, guardano la Madre. Ringrazio Monsignor Tommaso Caputo per l’invito, l’accoglienza e l’amicizia. Saluto i Confratelli nell’Episcopato, i membri della vita consacrata, le autorità civili e militari qui presenti e voi tutti, carissimi fratelli e sorelle.
Siamo qui per guardare Maria che ci invita a contemplare Gesù, il volto e la presenza di Suo Figlio in questo nostro oggi e in questo nostro territorio. Siamo qui per supplicare, e la supplica – quella che il Beato Bartolo Longo elevò in questo santuario fin dal 1883 – rappresenta e riassume la verità della nostra condizione umana davanti a Dio: tutte le volte in cui davvero diventiamo coscienti di noi stessi e della presenza di Dio non possiamo che supplicare.
Siamo mendicanti della misericordia, pellegrini dell’Eterno. Supplichiamo e domandiamo pietà per noi, per i nostri cari, per tutta la nostra Chiesa, per il mondo intero. La supplica non è il gesto della disperazione, perché chi dispera impreca, non supplica. La supplica è il gesto dell’amore, a se stessi, agli altri, a Dio. A Maria chiediamo di volgere il suo sguardo pietoso «su di noi, sulle nostre famiglie, sull’Italia, sull’Europa, sul mondo». La supplica è la condizione dell’uomo che sta davanti a Dio. Invocheremo tra poco: «Ti prenda compassione degli affanni e dei travagli che amareggiano la nostra vita. Vedi, o Madre, quanti pericoli nell’anima e nel corpo, quante calamità ed afflizioni ci costringono».
Noi siamo consapevoli della nostra miseria, delle nostre fatiche e dei nostri affanni, ma al tempo stesso conosciamo l’indomito desiderio della felicità, dell’amore e della pienezza. Desideriamo che la Madre ci guardi, perché la vera benedizione è essere guardati da un amore più grande del nostro. Chiediamo che la nostra vita non sia perduta, ma attirata da un mistero grande e bello, capace di sconfiggere la morte. Perché questo, alla fine, è il contenuto della supplica: non vogliamo morire, non vogliamo che la vita sia risucchiata nel nulla della morte ma possa godere di quella pienezza per cui ci sentiamo fatti. Davanti al volto della Madre diventiamo richiesta umile, ardente, indomita di misericordia, di verità e di felicità. Nel far questo, ci facciamo voce del mondo intero, soprattutto dei nostri fratelli che più soffrono. «Pietà oggi imploriamo per le Nazioni traviate, per tutta l’Europa, per tutto il mondo, perché pentito ritorni al tuo Cuore. Misericordia per tutti, o Madre di Misericordia!».
Misericordia significa accogliere nel proprio cuore il travaglio e la fatica dell’altro, e noi siamo certi che nel cuore di Maria c’è un posto per ciascuno di noi. Chiediamo di non essere dimenticati, che la nostra vita sia benedetta: alla Madre possiamo chiedere tutto senza vergogna perché certi di essere amati. Ci vergogniamo solo quando presentiamo la nostra miseria davanti a Dio o la nostra debolezza per ricattarci o per deriderci. Invece, davanti al volto dell’Amore non funzionano il ricatto o la derisione: non dobbiamo vergognarci di confessare la nostra piccolezza. Diceva san Giovanni Crisostomo: «Chi è amato si muove a suo piacimento nell’intimo del cuore che lo ama» (Omelia 13, 1-2 sulla Seconda lettera ai Corinzi). Che bel lo! Ci muoviamo a piacimento solo nell’intimo di un cuore che ci ama. Ci possiamo muovere a piacimento, cioè con piena libertà e consapevolezza, solo nel cuore di Dio che si fa prossimo nel cuore della Madre.
Cari fratelli e sorelle, noi supplichiamo – oggi e ogni giorno della nostra vita – perché ci sentiamo e siamo custoditi nel cuore della Madre. Per questo poco fa, il Vescovo Tommaso diceva che le suppliche scritte dai fedeli nella sagrestia del Santuario vengono deposte nel cuore della Madre così come la sala delle Confessioni è il cuore del Santuario. Solo nell’intimo del cuore di chi ci ama infatti noi ci sentiamo bene, a nostro agio, possiamo portare le nostre difficoltà, confessare le nostre miserie, dire soprattutto il nostro desiderio e la nostra grande attesa di una vita bella e rinnovata. Noi supplichiamo perché Dio è sempre altro, oltre: c’è un’infinita distanza che ci separa da Lui, ma supplichiamo perché Dio ci ha risposto, ha colmato questa infinita distanza per farsi uomo, amabile presenza che continuamente ci viene incontro. Per questo, san Paolo, avendo ricordato il mistero di Dio che si fa schiavo e muore in croce per poter risorgere, ci invita ad avere «gli stessi sentimenti di Cristo Gesù» (Fil 2,5). Questo è essere cristiani e questo può avvenire solo per grazia. È Lui il vero uomo, il volto che svela la verità del nostro volto, della grandezza della nostra vocazione e del nostro destino. Essere cristiani oggi significa, come ci ha insegnato Bartolo Longo, contemplare il volto di Cristo e farlo con gli occhi della Madre. Questo è il senso del Rosario. Contempliamo i sentimenti di Cristo che si manifestano nella vita e nei suoi misteri per poter comprendere la nostra vita e il mistero della nostra vocazione. Noi possiamo, attraverso il volto di Cristo, riconoscere i tratti del volto autentico dell’uomo. Lo sguardo, amoroso e appassionato, a Gesù morto e risorto – che sempre ci viene incontro come amico e fratello in tutte le circostanze della vita, in tutti i travagli storici come quelli attraversati da Bartolo Longo e che continuano ad affliggerci – ci apre alla conoscenza della verità del mondo e della storia. Dobbiamo riconoscere però che tante volte i nostri occhi sono rivolti altrove, su qualche misero progetto, su qualche ambizione, in una sorta di auto-contemplazione narcisistica. Quanta cattiveria, quanta violenza nel mondo, nei Paesi segnati dalla guerra, ma anche nella nostra quotidianità. Quanta violenza ha riguardato i più giovani, a volte gli ambiti più intimi, quelli affettivi, quelli familiari? È come se ci fosse un’incapacità ad amare, ad accogliere l’altro, a rispettare l’altro. Facciamo fatica ad amare. Vien voglia di chiedersi: dove andiamo? Chi ci aiuterà a costruire una vita nuova? Chi ci aiuterà ad avere questi sentimenti nuovi di Cristo? Ecco, la risposta non può che essere accolta come Maria sotto la croce, guardando il crocifisso: il segreto della vita nuova che Cristo ci trasmette in questo misterioso “svuotarsi di se stesso”, che ha scelto e incarnato fino alla morte. Il paradosso cristiano è che per avere i sentimenti di Cristo anche noi dobbiamo lasciarci espropriare, lasciare che la nostra vita sia svuotata di noi stessi perché la vita e il cuore possano essere dilatati dall’amore di Cristo. Un cuore svuotato di sé è un cuore dilatato, pronto ad accogliere ogni fratello, a riconoscere ogni uomo come fratello. Non è forse questa dilatazione che ci rende una cosa sola con gli altri con uno stesso sentire nella carità, come ci ha insegnato san Paolo, la più radicale contestazione della guerra? I conflitti, tra nazioni o tra uomini, in famiglia o nelle nostre città, nascono sempre dall’idolatria di se stessi, del “mio” contrapposto al “tuo”, dei “nostri” contrapposto ai “loro”. Quando uno assolutizza se stesso, il proprio punto di vista e il proprio interesse spiega e piega la realtà e gli altri ai propri disegni.
Ed è guerra, inevitabilmente violenza, si rompe la tensione all’armonia e all’unità. La Madre ci aiuta a comprenderci invece come parte di un tutto, parte di un “noi”: non più il “mio” contrapposto al “tuo”, ma la verità di ciascuno è salvata dal Padre. E chi cerca Dio, cerca il bene che è in ciascuno e, per questo, può valorizzare il bene che è in ogni uomo, accoglierlo come parte del proprio destino. L’altro non è nemico né estraneo, ma è parte della vocazione verso cui ognuno cammina. Nelle tante vittime della guerra e dell’odio rivive ancora oggi la croce di Cristo e noi supplichiamo che si manifesti, ancora, con potenza d’amore la sua vittoria sulla morte e sull’odio. Il cammino autenticamente religioso ci fa invocare la pace, perché ci mettiamo alla ricerca del Padre che è intimo a ciascuno, che è Tutto tale da abbracciare ogni persona.
Gli stessi sentimenti di Cristo, che diventano sentimenti di unità: che la Chiesa sia unita, che le nostre Chiese in Italia siano unite, di quell’unità che non nasce dalla convergenza di pensieri o di progetti, ma da uno stesso sentire e dalla carità. La vera unità si fonda su questo sentire unanime. E poi la carità: il Vescovo Tommaso ha ricordato il tempio della preghiera e il tempio della carità. E poi la convivenza umana, perché attorno al tempio della preghiera e al tempio della carità è nata a Pompei, nell’articolazione dei suoi elementi, nel dispiegarsi delle sue strade, delle sue autorità.
Questo deve essere per noi cristiani un insegnamento continuo: pregare Dio, accogliere ogni uomo e costruire, edificare, la società degli uomini come civiltà dell’amore e della verità, in cui un uomo sia accolto, sia voluto bene, possa essere degno di cura e di accompagnamento. L’uomo prega, ama e costruisce la città degli uomini. Per noi cristiani tutto questo ha un nome: Cristo, “la nostra pace” (Ef 2,14), la ragione della nostra quotidiana fatica per cui lavoriamo, intraprendiamo nuove strade, edifichiamo nuove opere. È Lui che chiede la nostra conversione: «Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a sé stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri» (Fil 2, 3-4).
Maria, con la pratica del Rosario, ci aiuta a guardare Cristo: è Lui che «ha abbattuto il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia» e ha riconciliato gli uomini con Dio e tra di loro nel suo corpo offerto sulla croce. La Vergine Maria ci doni i sentimenti di Cristo per vivere “unanimi e concordi” (Fil 2,2), nella carità, con uno sguardo aperto alla valorizzazione di ogni sorella e di ogni fratello!
Il Vangelo ci esorta a vivere e a lavorare come figli di un Padre che ama la vita e che ci desidera operatori di pace, promotori di vera amicizia, che è il germe vero della pace. Lavorare nella vigna del Signore significa «promuovere il bene e costruire la pace e la giustizia nella verità» (Francesco, Udienza generale, 13 settembre 2023). Supplichiamo la Vergine “Regina di pace e di perdono”, mendichiamo la sua misericordia, invochiamo la pace. O Madre Santissima, veglia su tutti noi, donaci la forza e la dolcezza del tuo “sì”, accompagna le nostre Chiese nel Cammino sinodale, libera i cuori di tutte le persone dall’odio, guida il mondo intero verso l’armonia e la concordia. Amen!
Giuseppe Baturi - Arcivescovo di Cagliari Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana

"Maggio 2024" L'Ora del Mondo

Presiede Sua Eminenza Monsignor Giuseppe Favole - Vescovo di Conversano-Monopoli
*Cronaca Supplica 8 maggio 2024
Le mani dei figli che s’innalzano verso il Cielo
Ha definito così la preghiera, composta da Bartolo Longo nel 1883, Monsignor Giuseppe Favale, Vescovo di Conversano-Monopoli, che mercoledì 8 maggio, festa della Madonna di Pompei, ha presieduto la Santa Messa e la recita della Supplica sul sagrato del Santuario. Nella sua omelia il Pastore pugliese ha ricordato le figure esemplari dei Fondatori, il Beato Bartolo Longo e la Consorte Marianna Farnararo, che proprio di Monopoli era originaria e della quale, quest’anno, si celebra il centenario della morte. Nell’Udienza Generale del mercoledì anche Papa Francesco si è unito spiritualmente ai fedeli che oggi hanno recitato la Supplica esortando tutti a «invocare l’intercessione di Maria, affinché il Signore conceda pace al mondo intero, specialmente alla cara e martoriata Ucraina, alla Palestina e a Israele». Il Santo Padre ha anche affidato alla Madonna i giovani, gli ammalati, gli anziani e gli sposi novelli incoraggiandoli a valorizzare, «in questo mese di maggio, la preghiera del santo Rosario»
(Autore: Giuseppe Pecorelli)
È ancora una volta la pace il tema centrale della celebrazione della Supplica alla Madonna di Pompei, elevata mercoledì 8 maggio, festa della Vergine, sul sagrato del Santuario. A presiedere la Santa Messa e la recita della preghiera che il Fondatore, il Beato Bartolo Longo, compose nel 1883, è stato Monsignor Giuseppe Favale, Vescovo di Conversano-Monopoli, accolto da Monsignor Tommaso Caputo, Arcivescovo Prelato della Città mariana. Migliaia i devoti che, malgrado la ferialità del mercoledì e la minaccia di pioggia, hanno raggiunto la Basilica, in molti casi a piedi, per rinnovare la propria devozione. Grande anche la partecipazione alla lunga veglia notturna della vigilia terminata all’alba. E, a questa folla, che anche dopo la celebrazione ha continuato a raggiungere Pompei per partecipare alle numerose Messe e alle preghiere in programma fino alla sera, si è unito spiritualmente anche Papa Francesco, che poco prima aveva presieduto la consueta Udienza Generale. «Oggi – ha ricordato il Santo Padre – la Chiesa eleva la preghiera della “Supplica” alla Madonna del Rosario di Pompei. Invito tutti ad invocare l’intercessione di Maria, affinché il Signore conceda pace al mondo intero, specialmente alla cara e martoriata Ucraina, alla Palestina, e a Israele, al Myanmar. Affido in particolare alla nostra Madre i giovani, gli ammalati, gli anziani e gli sposi novelli che oggi sono qui presenti, ed esorto tutti a valorizzare in questo mese di maggio la preghiera del santo Rosario». «Noi pellegrini con Maria – ha spiegato Monsignor Favale richiamando il motto del Giubileo 2025, “Pellegrini di speranza” – siamo voce di una folla sterminata di credenti che guardano alla Madre di Dio affidandole le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono». Il Vescovo parla anche di tristezze, angosce, sofferenze. E quale può essere la sofferenza più grande per l’umanità se non le guerre che oggi si combattono in numerosi scenari nel mondo? Quelle dei devoti venuti a Pompei, così come quelle dei fedeli che recitano la Supplica in ogni parte del mondo, sono – continua il Presule – «mani di figli che cercano le braccia della Madre per essere da Lei accolti; mani che portano il dolore e il sangue innocente di tanta parte di umanità, soprattutto di coloro che sono calpestati nella dignità e che non hanno voce nel consesso dei grandi della terra; mani che si innalzano verso il cielo con la certezza che dal trono di clemenza dove siede regina, Maria volgerà il Suo sguardo pietoso con compassionevole tenerezza verso gli affanni e i travagli che amareggiano la vita di tanti in questo nostro tempo». Nelle sue parole, che proponiamo integralmente nelle pagine successive, Monsignor Favale invoca pace per il mondo e, agli uomini e le donne di buona volontà, propone l’esempio mirabile del Beato Bartolo Longo e della sua Consorte, la Contessa Marianna Farnararo, che proprio di Monopoli era originaria e della quale, quest’anno, si celebra il centenario della morte, avvenuta il 9 febbraio 1924. Monsignor Favale è stato accolto nella Città mariana dall’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, che ha confermato l’impegno del Santuario per la solidarietà proprio nel solco del carisma dei Fondatori. «Bartolo Longo, in Località Arpaia, ricevette la chiamata che cambiò la storia di questa valle, allora valle desolata: “Se cerchi salvezza, propaga il Rosario. È promessa di Maria. Chi propaga il Rosario è salvo!”. Dalla sua adesione a questo invito della Vergine e dal coinvolgimento entusiasta di Marianna Farnararo De Fusco è nato tutto quello che vediamo intorno a noi: il Santuario, le Opere di carità e la stessa Città di Pompei». La Santa Messa, animata dal Coro Pompeiano “Don Franco Di Fuccia” diretto dal maestro Francesco Federico, è stata concelebrata dal Nunzio Apostolico Monsignor Luigi Travaglino e dall’Abate dell’Abbazia della Santissima Trinità di Cava de’ Tirreni, Dom Michele Petruzzelli. Ai fedeli, presenti sul sagrato della Basilica, si sono unite centinaia di migliaia di persone che hanno seguito il rito, in televisione e in Internet, grazie alle emittenti Tv2000 e Canale 21.
*Le parole del Papa durante l’Udienza Generale dell’8 maggio 2024
 
Oggi la Chiesa eleva la preghiera della “Supplica” alla Madonna del Rosario di Pompei. Invito tutti ad invocare l’intercessione di Maria, affinché il Signore conceda pace al mondo intero, specialmente alla cara e martoriata Ucraina, alla Palestina, e a Israele, al Myanmar. Affido in particolare alla nostra Madre i giovani, gli ammalati, gli anziani e gli sposi novelli che oggi sono qui presenti, ed esorto tutti a valorizzare in questo mese di maggio la preghiera del santo Rosario.
(Papa Francesco)
*Saluto dell’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, a Monsignor Giuseppe Favale, Vescovo di Conversano-Monopoli
Quel legame tra Pompei e Monopoli nel nome del Beato e della Consorte Marianna
Eccellenza Reverendissima e carissimo fratello Monsignor Giuseppe Favale, Vescovo di Conversano-Monopoli, benvenuto a Pompei!
Eccellenza Reverendissima e carissimo fratello Mons. Giuseppe Favale, Vescovo di Conversano-Monopoli, benvenuto a Pompei!
La ringrazio per aver accettato l’invito a presiedere la celebrazione della Santa Messa e la recita della Supplica.
La accolgo assieme ai confratelli vescovi, alle distinte autorità civili e militari, qui presenti, con il Sindaco di Pompei e il Prefetto di Napoli; ai sacerdoti, ai diaconi, alle religiose, ai religiosi, ai fedeli e ai gruppi di pellegrini provenienti da tutta Italia, tra i quali diverse centinaia dalla sua Diocesi, e anche dall’Estero.
Sono uniti a noi, in comunione di preghiera, anche tutti coloro che ci seguono attraverso la radio e la televisione, che salutiamo con affetto, in modo particolare gli anziani, gli ammalati, i detenuti e le persone con disabilità.
In questa città, in questo Santuario, Lei è di casa, in quanto Vescovo della Diocesi che ha dato i natali alla monopolitana Marianna Farnararo, che per un imperscrutabile disegno della Provvidenza ha fondato, assieme al coniuge, il Beato Bartolo Longo, il Santuario della Madonna del Rosario, le Opere di carità e finanche la Congregazione delle Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei.
Proprio a Monopoli Marianna Farnararo fu educata al culto, anche grazie alla presenza della Confraternita del SS. Rosario molto attiva in Città, e alla carità nell’educandato di un Istituto religioso.
Trasferitasi a Napoli e poi rimasta vedova del Conte Albenzio De Fusco a soli 27 anni e con cinque figli, conobbe, grazie alla sua cara amica Santa Caterina Volpicelli, il giovane avvocato Bartolo Longo, al quale affidò l’amministrazione dei beni ricevuti in eredità a Valle di Pompei.
E fu così che Bartolo Longo, in Località Arpaia, ricevette la chiamata che cambiò la storia di questa valle, allora valle desolata: «Se cerchi salvezza, propaga il Rosario. È promessa di Maria. Chi propaga il Rosario è salvo!».
Dalla sua adesione a questo invito della Vergine e dal coinvolgimento entusiasta di Marianna Farnararo De Fusco è nato tutto quello che vediamo intorno a noi: il Santuario, le Opere di carità e la stessa Città di Pompei. Assieme alla Contessa, Bartolo Longo ha propagato il Rosario, approfondendone l’anima contemplativa e cristologica, e si è fatto apostolo di questa preghiera in tutto il mondo e ha dato vita “alla nuova città dell’amore a Pompei”, accogliendo nelle sue opere migliaia di orfani, figli e figlie di carcerati, poveri, persone in difficoltà. Impegno che non si è mai interrotto e che ancora oggi, in strutture modernizzate e con modalità aggiornate alle nuove povertà, viene portato avanti da associazioni, famiglie, religiosi, religiose, educatori, volontari, che, assieme alle persone ospitate, sono presenti in piazza e che saluto con affetto e riconoscenza.
Oggi, “in questo giorno solenne”, nel quale, in tutto il mondo, i devoti della Madonna di Pompei si ritrovano nelle centinaia di chiese e cappelle a Lei dedicate, ad ogni latitudine, pregheremo tutti assieme, innanzitutto per la Pace, cui è dedicata la monumentale facciata del nostro Santuario, e della quale il mondo ha assolutamente bisogno. E poi affideremo alla Vergine tutte le nostre intenzioni e quelle dei nostri cari, chiedendole di intercedere presso il Padre celeste affinché possiamo essere ogni giorno uomini e donne di pace.
Pregheremo anche per Lei, cara Eccellenza, per la Sua persona, per il Suo ministero e per tutto ciò che Le sta a cuore! E ancora grazie per essere qui!
Tommaso Caputo Arcivescovo Prelato di Pompei Delegato Pontificio per il Santuario
*Santa Messa e Supplica - Mercoledì 8 maggio 2024
Omelia di Monsignor Giuseppe Favale - Vescovo di Conversano-Monopoli
(At 1,6-14; Lc 1, 46-55; 1Gv 3, 14-18; Lc 1, 26-38)
Ancora una volta oggi si eleva accorata, qui a Pompei e in tante altre parti del mondo, la Supplica alla Vergine del Rosario, preghiera a tanti di noi particolarmente cara, avendoci da sempre accompagnato nel cammino di vita cristiana. Vogliamo viverla oggi in maniera ancora più̀ intensa nel contesto dell’Anno della preghiera voluto dal Santo Padre come tempo di preparazione al prossimo Giubileo 2025. Pellegrini di speranza: questo siamo esortati a diventare! Viandanti, come i primi cristiani, “quelli della via”, che in un mondo sempre più̀ disperato, diffondono la Speranza che sgorga dalla Pasqua di Cristo.
Questa mattina, noi pellegrini con Maria, siamo voce di una folla sterminata di credenti che guardano alla Madre di Dio affidandole le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono (cf GS 1).
Sı, siamo qui dinanzi a questo Tempio che è memoria viva del coraggio ardimentoso e ̀ lungimirante di due testimoni del Vangelo, il Beato Bartolo Longo e la sua consorte Marianna Farnararo, portando nella preghiera non solo quanto è racchiuso nel nostro cuore, ma anche ciò che a noi giunge come grido accorato da tante parti del mondo, in quest’ora difficile e carica di incognite per il futuro dell’umanità. Nella Supplica, che tra poco eleveremo, si raccoglie la concretezza della vita quotidiana di tanti uomini e donne, trasformandola in invocazione rivolta alla più̀ tenera tra le madri. È una preghiera di intercessione che raggiunge il Cuore della Madre e a Lei si chiede, come frutto desiderato per tutti, la Misericordia. Stupenda è l’immagine usata per esprimere la forza dell’invocazione che sale dai cuori dei figli: “E noi, gementi, stendiamo a te le mani supplichevoli, gridando. Misericordia!”. Mani stese verso il cielo: questo siamo noi oggi qui a Pompei e in tante altre parti del mondo, mentre supplichevoli ci rivolgiamo a Colei che è onnipotente per grazia, a Colei che ci ispira la fiducia di essere esauditi. Mani di figli che cercano le braccia della Madre per essere da Lei accolti; mani che portano il dolore e il sangue innocente di tanta parte di umanità, soprattutto di coloro che sono calpestati nella dignità̀ e che non hanno voce nel consesso dei grandi della terra; mani che si innalzano verso il cielo con la certezza che dal trono di clemenza dove siede regina, Maria volgerà il Suo sguardo pietoso con compassionevole tenerezza verso gli affanni e i travagli che amareggiano la vita di tanti in questo nostro tempo. Come non prestare attenzione alle lacrime di chi piange in terre dilaniate dall’odio e dalla violenza e anela a giorni di pace? Si può rimanere insensibili e indifferenti dinanzi a tante tragedie che oscurano la nostra quotidianità? Da questo luogo, che da valle di morte è diventata la valle di vita grazie alla luce portata da Maria, vogliamo far salire al cielo l’anelito di chi da mesi o addirittura da anni, in ogni angolo della terra, vive il dramma della guerra e vede nel proprio orizzonte addensarsi nubi sempre più oscure che promettono solo distruzione e morte.
Raccolti qui in assemblea avvertiamo che, come nella comunità di Gerusalemme, Maria è in mezzo a noi e a Lei chiediamo che in una rinnovata Pentecoste lo Spirito Santo venga a rinnovare la faccia della terra, abbattendo i muri che dividono e aprendo sentieri di riconciliazione e di pace. A Dio nulla è impossibile, come abbiamo ascoltato nella pagina evangelica. Proprio perché unita alla preghiera della Madre, la nostra invocazione acquista una forza maggiore e siamo certi che il Signore scioglierà i cuori induriti dall’odio. Quanto è annunciato dalla parola che campeggia sulla facciata del Santuario – Pax – sia il frutto della nostra accorata supplica a Maria. Sia pace per le nazioni traviate, per tutta l’Europa, per tutto il mondo. Misericordia per tutti, o Madre di Misericordia!
Cari fratelli e sorelle, con profonda gioia ho accolto l’invito a presiedere questa celebrazione rivoltomi dal Pastore di Pompei, per fare memoria con voi in questo giorno, ricco di riferimenti a tanti eventi legati alla storia del Santuario, del centenario della morte della Contessa Marianna Farnararo, avvenuta il 9 febbraio 1924, cofondatrice delle insigni Opere pompeiane insieme al suo sposo, il Beato Bartolo Longo.
Grazie, carissimo fratello Tommaso, Pastore in questa Chiesa, per questa delicata attenzione che hai avuto nei confronti della Chiesa che ha dato i natali a Marianna. Io sono qui quest’oggi in quanto Vescovo di Conversano-Monopoli e con me porto tutta la ricchezza di pietà mariana che qualifica Monopoli, la quale si onora del titolo di Civitas Mariae, a lei conferito in occasione del IX centenario della venuta dal mare della venerata Icona della Madonna della Madia.
La storia della nostra città è illuminata dalla devozione alla Madre di Dio e per tutti l’Icona dell’Odigitria, custodita nella Basilica Concattedrale, è un riferimento insostituibile. In ogni casa vi è l’immagine della Madonna della Madia e dalla più tenera età i bambini imparano a rivolgere lo sguardo e la preghiera a Lei, che veglia quale Madre provvida su ogni famiglia. Questo spirito di profonda religiosità mariana ha respirato la piccola Marianna, venuta alla luce a Monopoli il 13 dicembre del 1836. Certamente anche la sua famiglia è stata luogo dove si educava a guardare a Maria e a rivolgersi a Lei con fiducia. A me piace pensare alle tante volte in cui lei, piccola, condotta dalla sua mamma, si recava davanti all’Icona della Madonna della Madia e lı̀ si lasciava guardare da quegli occhi dolcissimi, pregni di luce, che si posavano su di lei. Lı ha imparato a confidare nella Mamma del Cielo, lì ha imparato a pregare e ad ̀ affidare a lei le sofferenze del suo cuore di bambina, soprattutto quando ad appena 9 anni perse il papà. A Monopoli Marianna ha mosso i primi passi nella vita, nella fede e nell’amore alla Madonna e quegli anni sono stati per lei la radice feconda che mai si è inaridita e che ha portato i suoi frutti nel tempo.
Quanto è importante, carissimi fratelli e sorelle, l’educazione alla fede che avviene in famiglia! Trasmettere le fede ai figli deve essere l’impegno primario dei genitori cristiani. Nessuno abdichi a questa responsabilità. Insegnare a pregare e ad aver fiducia in Dio, far sentire che Maria è la Mamma comune, affidando a Lei la propria vita, aiutare a guardare i fratelli con gli occhi e il cuore di Gesù: cosı si comunica la bellezza della fede. Quando, poco più che tredicenne, con la mamma e il fratello maggiore si è trasferita a Napoli, ella aveva ormai le qualità necessarie per compiere le sue scelte di vita. Giovanissima sposò il Conte De Fusco e rimasta vedova ancor giovane con cinque figli da accudire non si perse d’animo e forte della sua fede iniziò un percorso che le permise di raggiungere la sua maturità di donna e di credente. Grazie anche a incontri che caratterizzarono quel periodo della sua vita, la Provvidenza le permise di venire a contatto con anime elette che rendevano la Napoli dell’ottocento e dei primi del novecento una fucina di santità. Ella è stata coinvolta in una rete di relazioni tutte di altissima qualità spirituale, dall’Arcivescovo Riario Sforza ai padri Ludovico da Casoria e Alberto Radente, da Caterina Volpicelli a Giuseppe Moscati, per citarne solo alcuni tra i più noti, i quali con la loro opera lasciarono in lei tracce indelebili. È proprio vero che lo Spirito Santo sa mettere insieme, per vie che solo Lui conosce, creature che con il profumo della loro santità̀ riescono ad incidere profondamente nella storia, al punto da divenire stelle che danno luce in tempi bui, facendo rifiorire la speranza e la gioia in tutti coloro che vengono a contatto con loro.
Cosı è stato nella Chiesa di ieri, cos̀ ı vogliamo avvenga nella Chiesa di oggi, che ha più che ̀ mai bisogno di una fioritura di santità̀ ordinaria per continuare ad essere sale della terra e luce del mondo (cf Mt 5,13-16). Non dobbiamo dimenticare, cari fratelli e sorelle, che anche in noi agisce lo Spirito, che ci indica la qualità alta della vita cristiana a cui tutti dobbiamo tendere. La santità cristiana non è per pochi privilegiati ma è dono per ogni battezzato che, innestato come tralcio alla vite che è Cristo, è chiamato a portare frutti buoni nella carità. A tal proposito siamo grati a Papa Francesco che nel 2018 ci ha richiamato a questa fondamentale vocazione, offrendoci un testo bellissimo che può aiutarci nel cammino di riappropriazione della comune radice di vita cristiana che è la santità̀. Come impegno che scaturisce da questo nostro ritrovarci uniti oggi a Maria, Regina del Santo Rosario, riprendiamo tra le mani l’esortazione apostolica “Gaudete et exsultate” e ripartiamo nel vivere la gioia della nostra chiamata alla santità, consapevoli che il Signore “ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente” (GE 1). La Provvidenza ha voluto che soprattutto un incontro segnasse per sempre la vita di Marianna, ed è quello con l’avvocato Bartolo Longo. Non è certo questo il momento per richiamare le vicende che portarono all’incontro di due persone, che pur totalmente diverse tra loro, riuscirono a mettersi all’unisono a servizio del progetto di Dio. Piace però sottolineare che entrambi furono afferrati dalla forza della carità, che fu l’anima di ogni loro azione apostolica. Se riuscirono a rivoluzionare un contesto sociale difficile, ciò fu possibile perché nel loro cuore c’era un fuoco che li divorava, il fuoco dell’amore di Dio!
Ricordiamo cosa fosse questo territorio quando vi giunsero la prima volta: era una terra di briganti e di contadini che vivevano nell’indigenza più assoluta. Non si persero d’animo e mettendo mano ad un’opera di rinascita spirituale e sociale riuscirono a dissodare un terreno inaridito dalla miseria.
 
Quanto abbiamo ascoltato nel brano della seconda lettura sembra fotografare alla perfezione il cammino spirituale non solo di Bartolo Longo ma anche di Marianna Farnararo. Entrambi hanno conosciuto l’amore di Dio attraverso l’incontro con Gesù̀, che ha dato la vita per noi. Da ciò è stato logico accoglierne le conseguenze, che l’apostolo Giovanni cosı ̀ delinea: “quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli” (1Gv 3,16).
Bartolo Longo e Marianna Farnararo hanno dato la vita per i fratelli mettendo a disposizione dei bisognosi non solo la ricchezza del loro cuore e della loro intelligenza ma anche quanto possedevano, coinvolgendo molti altri dell’aristocrazia e della borghesia napoletana in questa avventura di generosa solidarietà. In particolare donna Marianna, che nel frattempo si era spogliata di tutto, scelse di abbracciare la povertà̀ quasi per solidarizzare con i meno abbienti, sull’esempio di Cristo che da ricco si fece povero per arricchire tutti con la sua povertà (cf 2Cor 8,9). Si rimane stupiti nel constatare cosa può provocare la forza della carità! Caritas Christi urget nos! (2Cor 5,1) La carità di Cristo ci possiede, dice l’apostolo Paolo. Davvero Marianna è stata afferrata dall’amore di Cristo ed ha saputo amare tutti, coltivando una finezza interiore che l’ha portata a cogliere il valore dei gesti feriali della carità. È arrivata a farsi piccola con i piccoli, vivendo una maternità spirituale che la rendeva sensibile soprattutto verso quelle fasce sociali più emarginate e abbandonate, come ad esempio i figli e le figlie dei carcerati. Pur vulcanica e determinata caratterialmente, ha saputo coltivare l’umiltà del cuore che l’ha portata a preferire di gran lunga il nascondimento, non disdegnando comunque di stare in prima linea, combattiva, quando bisognava onorare la Madre di Dio e i poveri. Oggi, nel giorno consacrato alla Regina del Rosario di Pompei, è significativo aver fatto memoria di colei che insieme a Bartolo Longo ha dato avvio alla rinascita di questo territorio, che da luogo di morte è diventato faro di luce, i cui raggi benefici continuano ancora a irradiarsi in ogni angolo della terra. Se Pompei è diventato un centro propulsore di Misericordia, lo dobbiamo alla fede e al coraggio di due creature che, alla scuola della Vergine di Nazaret, si sono rese strumenti docili nelle mani dell’Onnipotente. Hanno creduto all’Amore e hanno portato Amore, quell’Amore che continua a sgorgare come Acqua purissima dal grembo di Colei che con l’Eccomi detto all’Angelo Gabriele ha permesso a Dio di diventare nostro Fratello e Salvatore. Bevendo quest’Acqua viva, crediamo all’Amore e portiamo Amore e, unendoci al canto di lode di Maria, riconosceremo che ancora oggi Dio fa grandi cose nella vita di chi si affida a Lui. Esultanti nello Spirito, diffonderemo cosı nel ̀ mondo il buon profumo di Cristo.
Giuseppe Favale Vescovo di Conversano-Monopoli

"Ottobre 2024" L'Ora del Mondo

Presiede Sua Eminenza il nunzio apostolico in Italia e nella Repubblica di San Marino, Monsignor Petar Rajič, arcivescovo titolare di Sarsenterum

Attesa per la Supplica del 6 ottobre 2024
Grande attesa nella città mariana per la Supplica alla Madonna del Rosario, in programma domenica 6 ottobre. Il rito solenne, che avrà inizio alle 10.40 con la santa Messa, si svolgerà nel Piazzale “San Giovanni XXIII”. A presiedere la santa Messa e la Supplica sarà il nunzio apostolico in Italia e nella Repubblica di San Marino, Monsignor Petar Rajič, arcivescovo titolare di Sarsenterum.

Cronaca Supplica 6 ottobre 2024

Il Santuario di Pompei e la Basilica di Santa Maria Maggiore avamposti di pace. Nella mattina del 6 ottobre si è rinnovato, nella Città mariana, l’appuntamento con la Supplica alla Madonna della prima domenica di ottobre, mese dedicato alla preghiera del Rosario.
A presiedere, nel Piazzale San Giovanni XXIII del Santuario, la Messa e la recita della preghiera che il Fondatore, il Beato Bartolo Longo, compose nel 1883, è stato Monsignor Petar Rajič, Nunzio apostolico in Italia e nella Repubblica di San Marino, Arcivescovo titolare di Sarsenterum, accolto dall’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo.
Nel pomeriggio, alle 17, in un filo ininterrotto, Papa Francesco presiede la recita del Rosario per la pace a Santa Maria Maggiore, a Roma. Proprio il Santo Padre, durante l’Angelus domenicale, ha rivolto il suo pensiero a Pompei: «La Vergine Maria – ha detto tra l’altro – aiuti gli sposi cristiani.
Ci rivolgiamo a lei in unione spirituale con i fedeli radunati presso il Santuario di Pompei per la tradizionale Supplica alla Madonna del Santo Rosario». Nelle parole di Monsignor Rajič, così come nell’intervento introduttivo dell’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, un accorato appello alla pace tra i popoli.
In piazza, tra migliaia di fedeli, anche settanta pellegrini provenienti dalla diocesi ucraina di Lutsk. Alle tenebre si è opposta la luce della carità e la bellezza del popolo di Maria che ha pregato con un cuore solo.
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